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Alterità
/ Incontri / Straniamenti
Policulturalismo relativistico o multicultura critica?
Il
tema di questo secondo numero della rivista è quello degli
incontri «multiculturali» nelle più recenti
vicende dell'arte. Da diversi anni, infatti, quasi ovunque si
propongono mostre dove il filo rosso è indicato espressamente
nel segno dell'incontro tra culture e tradizioni
spesso molto distanti tra loro. Proprio come in quella dimensione
telematica che consente oggi di superare all'istante ogni lontananza
geoculturale. Tuttavia, come vedremo, la cosa non è poi
così pacifica: il rapporto con l'altro
può anche ridursi a qualcosa di superficiale, più
simile allo sguardo frettoloso del turista che all'ascolto attento
di chi sia davvero impegnato in un tentativo di comprensione.
Il tema è stato già introdotto in queste pagine
da un articolo di Patrizia Mania,
dal titolo Gli anni Novanta: tra simulazione
e multiculturalismo.
La
questione multiculturale chiama direttamente in causa gli scenari
della cosiddetta globalizzazione. Anche nel campo dell'arte, infatti,
si ricorre da tempo alla formula retorica della «Global-art»:
una generica etichetta adottata perlopiù senza interrogarsi
criticamente sugli aspetti pur sempre conflittuali della nuova
condizione storica in cui ci troviamo. Ma l'articolo di Domenico
Scudero cerca invece di richiamare la nostra attenzione
su ciò che può nascondersi dietro i più celebrati
fenomeni del momento. L'arte contemporanea diviene, secondo Scudero,
sempre più «un veicolo di
commercializzazione nazionale proprio come fosse un logotipo».
Non
a caso, anche il programma della «Biennale
di Venezia 49. Esposizione Internazionale d'Arte»
non fa che insistere su questo punto, evocando territori sconfinati
al di là della vecchia dislocazione architettonica della
mostra per padiglioni nazionali. Non si tratta più dell'idea
ottocentesca di una «esposizione universale» delle
moderne
meraviglie, ma di un «nuovo» tipo di spettacolo dove
lo sguardo si rivolge piuttosto verso quella stessa quotidianità
dove il visitatore già vive da sempre: un'area sfrangiata,
sfuggente, contaminata come quella della sua stessa esistenza.
Uno spazio identificabile, a sua volta, in una immensa platea
comunitaria ormai priva di punti focali privilegiati. Ne parliamo
in un'intervista con Harald
Szeemann, curatore della rassegna, il quale ha infatti
concepito questa edizione non semplicemente come una mostra d'arte
bensì come «Platea dell'umanità».
Ancora oggi quella dell'arte è una specie di utopia che
oppone le nostre migliori risorse immaginative alla «mediocrità
delle emozioni». A Biennale inaugurata potremo entrare
nel merito dei modi in cui si sostanzia l'assunto di Szeemann.
Intanto
il tema è da noi affrontato anche nelle sue complesse implicazioni
teoriche con una intervista a Emilio
Garroni, un filosofo che, com'è noto, ha ripensato
a fondo i paradigmi dell'estetica. Il suggerimento di Garroni
è di confrontarsi col problema del multiculturalismo tenendo
anzitutto presente che «Una 'cultura
altra' non è un ready-made».
Gli
attentati dell'11 Settembre 2001 non potevano non provocare anche
in noi alcune preoccupate riflessioni sulla precaria situazione
mondiale che stiamo vivendo. L'evento è
stato testimoniato "in diretta" da immagini ormai a
tutti ben note. Ma non è stato certo inutile riflettere
ulteriormente sulle immagini di questa tragedia nella mostra romana
al Palazzo delle Esposizioni.
Proponiamo qui un piccolo reportage
fotografico sulla mostra. Anche il commento
sulla Biennale proposto da Domenico
Scudero non poteva non tener conto del nuovo scenario
epocale che si sta disvelando alla luce degli avvenimenti ancora
in corso. Nelle sue note in conclusione
di Biennale, Alessandra Cigala
si sofferma sugli stessi temi.
L'intervista
a Massimo Cacciari pone infine
direttamente in campo il tema della necessità di un nuovo
ordine mondiale: «Un nuovo Nomos
della Terra». Ma parlare di «multiculturalismo»
a proposito delle tendenze dominanti dell'arte contemporanea,
secondo Cacciari, non è corretto. Di qui la necessità
di chiarire l'uso del termine. A tale scopo Alessandra
Guigoni propone un'analisi critica approfondita dei
concetti chiave che animano il dibattito: «L'interculturalismo,
per uscire dai ghetti culturali» è il titolo
del suo intervento.
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