di Giordana Pagliarani
«Se tu conoscessi il tempo come lo conosco io non oseresti parlarne con tanta disinvoltura; lui è un signor Tempo» disse il Cappellaio Matto ad Alice. Tra il Tempo di cui parla Alice e quello del Cappellaio cè una differenza, quello di Alice è il Tempo che conosciamo bene, quello degli eventi che si susseguono uno dopo laltro, quello che a volte ci è nemico a volte amico.
È quello delle azioni che si compiono nel presente, è fisico, ciclico, corporeo, variabile; si snoda su di una linea retta, è quello di tutti i giorni, quelli frenetici e quelli lenti, incastra le nostre abitudini giorno dopo giorno, insomma è Kronos. Invece il Tempo del Cappellaio è il Tempo dellarte, intesa nel suo senso più completo e profondo; è Aion, per il quale esistono solo passato e futuro. Unazione è sempre già accaduta e sta sempre per accadere . è sempre lora del tè. È incorporeo, il suo esistere non dipende dal compiersi dellazione, non lo riguardano i fatti fisici ma le azioni pure; e cosaltro è larte se non unazione pura?
Unica e fine a se stessa, inimitabile ma riproducibile allinfinito, madre e figlia di se stessa colei che dura in eterno e ripropone in eterno la stessa azione, colei che è dinamica nella sua staticità, lei che vive nellAion. Ma cosè, anzi chi è Aion? Deleuze ce ne regala una splendida descrizione:
«Aion si estende in linea retta illimitato nei due sensi. Sempre già passato e eternamente ancora da venire, Aion è la verità eterna del Tempo; pura forma vuota del Tempo [ ] è il presente senza spessore, il presente dellattore, del ballerino e del mimo puro momento perverso. È il presente delloperazione pura e non dellincorporazione. Secondo Aion soltanto il passato e il futuro insistono e sussistono nel tempo. Invece di un presente che riassorbe il passato e il futuro, un futuro e un passato che dividono ad ogni istante il presente, che lo suddividono allinfinito in passato e futuro, nei due sensi contemporaneamente».
L Aion è linfinito, il Tempo del puro divenire, dellevento in quanto tale; il suo rapporto con gli eventi è al di fuori di ogni causalità fattuale, in rapporto solo con gli eventi e non con i fatti e con lessere. È con lopera darte, intesa come evento creativo, e con la rappresentazione scenica che leterno desiderio delluomo di gestire il Tempo sembra realizzarsi. Lazione si prolunga allinfinito.
Con Aion lazione è sempre appena passata o ancora da compiersi. Questo permette di evitare lo sviluppo degli eventi lungo una linea verticale che porta un azione dal compimento alla fine. Il compiersi e finire dellazione corporea non cè più, rimane levento puro, dove non cè né dolore né evoluzione; lopera darte è completata il suo compiersi avviene in Kronos, ma il suo compimento, la sua forma e durata eterne, la sua essenza e anima sono in Aion.
Quindi si può riuscire a scappare dal Tempo del dovere, delle scadenze, degli impegni, insomma a contrapporre Aion, il Tempo del sempre passato e sempre futuro, a Kronos per il quale, come dice ancora Deleuze: soltanto il presente esiste nel Tempo. Ciò che è futuro o passato fa comunque parte di un presente, la relatività vera, per Kronos, non è quella del passato e del futuro verso il presente, ma la relatività dei vari presenti gli uni rispetto agli altri. Kronos è corporeo, il suo passato è ciò che resta dellazione di un corpo, o per meglio dire, è ciò che resta della passione che un corpo ha impiegato nel compiere lazione. Il suo futuro è la medesima azione in attesa di proiettarsi su un altro corpo per compiersi.
Per Aion latto del compiersi non esiste, lazione rimane lì, svuotata, pura, eterna. È il momento finale dellopera darte quello che la consacra dallattimo in cui viene compiuta, è il momento in cui lartista smette di muoversi nel tempo ordinario e fissa lazione in un attimo di immutabilità; quello in cui creatività e tecnica si fondono in unità e danno vita allOpera dArte. Dunque se al mondo reale spetta «il Kronos delle azioni dei corpi e della creazione delle qualità corporee»(1) invece al mondo dellArte spetta «lAion, il luogo degli eventi incorporei e degli attributi distinti dalle qualità; popolato da effetti che lo frequentano senza mai riempirlo».(2)
Roma, 14 Novembre 2002
(1) Gilles Deleuze, Logica del senso, Milano, Feltrinelli, p. 147
(2) Ibidem, p. 147