La Critica

Computer art: origini e sviluppo

di Ida Gerosa

A distanza dei 25 e più anni dai suoi inizi, la computer art rappresenta una sorta di nomadismo, un viaggio tra le varie culture ed esperienze, non solo artistiche.

E’ un nomadismo professionale. E’ uno spostamento fisico e virtuale verso altre possibilità per conoscere e capire ciò che è diverso e lontano e per aprire altri nuovi scenari, anche mentali.

E’ il momento in cui si può arrivare a creare l’Opera Totale ipotizzata da Kandiskji, nel secolo scorso.

Sono convinta che i tempi ormai siano maturi per conoscere, ed approfondire le ricerche, i lavori che riguardano questa arte proposti fino ad oggi.

Anche se è un universo ancora abbastanza sconosciuto, pure a molti operatori artistici.
Vorrei iniziare con una breve riflessione.

All’inizio di quest’anno sono stata a vedere ai Musei Capitolini una mostra sull’arte Cicladica. Isole Cicladi. 3200-2000 avanti Cristo. Ebbene, alcuni idoletti di figura femminile ricordavano le opere di Modigliani e qualcuna di Picasso.

Guardando pensavo che nel tempo c’è stata una continuità sorprendente.

E pensavo all’arte elettronica in genere. E’ la prima arte che stravolge la maniera di lavorare e di vedere. E’ quella che ha bisogno di nuovi filosofi. E’ quella che ha bisogno dell’aiuto della ricerca scientifica.

E vorrei dire che i maggiori risultati nella ricerca sono quasi sempre stati il risultato di un felice connubio tra la capacità intuitiva e creativa di un ricercatore e la disponibilità di adeguati mezzi tecnici.

Ma prima di andare avanti vorrei fare un’altra riflessione.

All’inizio di gennaio, sempre di quest’anno, sono andata a Parigi per visitare una grande mostra sui Dadaisti.

Sicuramente tutti conoscerete il movimento che, con molta forza, all’inizio del secolo scorso ha rotto l’equilibrio dell’arte tradizionale portando delle innovazioni di rilevante entità.

All’inizio del secolo scorso.

Una mostra che una volta di più mi ha fatto riflettere sulla quantità di tempo che ci vuole per “digerire” un’arte nuova. Se pensate che ancora oggi, a distanza di quasi un secolo, ci sono artisti che propongono opere che sembrano innovative eppure sono solo la conseguenza dei semi posti allora.

Certe volte ho l’impressione che l’arte contemporanea si sia “bloccata” e non stia portando grandi contributi di rinnovamento.

Eppure, il mondo è cambiato, si è trasformato completamente. In tutto quello che ci circonda, del passato non è rimasto altro che il ricordo, forse l’affettuoso ricordo.

In questo secolo appena trascorso ci sono state delle costanti, continue scoperte, ricerche portate avanti da persone isolate o da gruppi di lavoro. E tutto ha contribuito a farci sorprendere ogni giorno, a farci amare profondamente la vita che stiamo vivendo.

Ma la trasformazione più radicale è venuta dal computer.

Pensate per un attimo come è stato adottato in tutti i campi.

Ecco, l’arte ha sempre guardato con attenzione ai mezzi innovativi che nel tempo si sono presentati.

Non voglio tornare indietro nei tempi dei tempi, vorrei solo fermarmi a pensare agli amanuensi che, trascrivendo testi, creavano delle opere bellissime. Fino a quando è arrivata la stampa che ha dato un impulso alla comunicazione, non immaginato prima, creando delle nuove forme di espressione.

Ma in quel momento non si è perso nulla. Ciò che era stato fatto ed apparteneva a quel periodo è rimasto e, ogni volta che si guarda di nuovo, ci dà una gioia infinita e un sapore antico, non dimenticato.

Del resto gli artisti hanno sempre cercato nuove strade di espressione per farsi capire meglio, per dichiarare le proprie sensazioni, al di là della comprensione dei propri contemporanei.

Facciamo un grande salto e raggiungiamo il secolo scorso. Ricordiamo gli aereopittori che, volando potevano vedere dall’alto e hanno creato opere nuove, ai futuristi che sono stati colpiti dalla velocità. Pensiamo a Burri che con i suoi sacchi ha sconvolto la critica a lui contemporanea al punto che, un po’ maltrattato, ha preso la cittadinanza svizzera e poi si è ritirato a Città di Castello dove ha creato un suo museo, o a Fontana i cui “tagli” non vengono capiti ancora oggi. E così per tanti altri artisti in ogni epoca. E’ sempre molto difficile essere un antesignano ed essere capiti subito.

Ma, l’artista contemporaneo, come succede ogni volta che ci sono delle scoperte, delle nuove proposte “doveva” provare ad adoperare un mezzo così coinvolgente e invasivo come il computer.

Un tempo i mezzi tecnici per un artista erano marmi speciali o terre e minerali rari per fare nuovi colori. Oggi, come tutti sanno, esistono numerosi e potentissimi mezzi per cui è ancora più importante che il ricercatore artista abbia a disposizione questi strumenti per favorire lo sviluppo di nuove idee e nuove soluzioni.

Anche se pure con questo mezzo ci sono voluti tanti e tanti anni per arrivare a poter fare arte. Perché fino agli inizi degli anni ’80 non c’erano le macchine adatte, non c’erano i programmi giusti. E solo negli anni ’90 hanno cominciato ad apparire le nuove forme artistiche fondate sull’uso delle tecnologie.

Inizialmente ci sono stati degli isolati pionieri che, con entusiasmo e intuito, si sono dedicati alla ricerca, ma qualche risultato veniva solo dagli Stati Uniti e dal Giappone. Quel risultato era in bianco/nero con una grafica che oggi dobbiamo definire primordiale.

Più recentemente, nei paesi industrializzati, dopo una trentina d’anni di quasi clandestinità, da più di un decennio quest’arte sta conoscendo una vera esplosione.
Ho parlato di clandestinità perché i pochissimi che con molta passione hanno cominciato ad esplorare quei terreni vergini, hanno faticato molto a realizzare qualcosa che somigliasse ad un prodotto d’arte.

Io stessa ho iniziato nel 1983 a sperimentare con l’Acienda 7350 dell’IBM. Un elaboratore, una macchina che, per allora, era innovativa e straordinariamente potente, poteva lavorare a colori e ne adoperava 4096. (Fatemi dire che per quei tempi erano tantissimi, perché ancora stavano cercando la maniera di adoperarne sei.) Eppure le opportunità di lavoro, di risultati e la sua memoria erano assolutamente diverse da tutto quello che abbiamo oggi nei nostri piccoli portatili o addirittura nei telefonini che ormai sono veri computer.

Oggi l’arte virtuale è in piena evoluzione. Ha un avvenire pieno di promesse. E questo è provato da un’abbondanza di progetti, dall’apprezzamento del pubblico. Ha le sue scuole, i suoi centri di ricerca.

Ed è tale il riconoscimento dell’importanza che stanno assumendo le arti basate sulle tecnologie che si stanno sviluppando numerosi studi per definirle e posizionarle sia da un punto di vista di rapporto con le altre arti, sia da un punto di vista semantico in quanto richiedono la creazione di nuovi termini per poterne parlare.

Tante sono state e continuano ad essere le ricerche in questo campo.

Ci si può addirittura anche attendere che nel tempo si possa arrivare ad una connessione diretta fra le reti neurali artificiali dei computer con le reti biologiche neurali degli individui. E’ chiaro che connessioni di questo tipo potrebbero portare ad una pervasività delle informazioni e delle immagini tale da trasformare sostanzialmente la natura e la diffusione dei messaggi artistici.

Qui entriamo però in un mondo di ricerca degli sviluppi futuri nel quale scienza e fantasia tendono a confondersi. Ma questa, forse, è la parte più affascinante.

Proprio per tutto questo che ho detto, prima di andare avanti vorrei ora fermarmi a parlare specificamente del computer.

Più che una tecnologia, è l’essenza dell’idea del mondo, aiutato dalla scienza che ne costituisce il substrato.

Il computer è uno stravolgimento, in senso positivo, della vita umana, cambia il nostro rapporto con il tempo, la nostra maniera di vivere o di rivivere, di anticipare, di attraversare l’arte. Cambia il nostro rapporto con lo spazio, con il nostro stesso pensiero.
Possiamo dire che l’arte con un computer è estremamente diversa dalle modalità espressive tradizionali.

E soprattutto è diversa la maniera di espressione dovuta alle infinite possibilità offerte che permettono di arrivare a “visualizzare” attraverso immagini immateriali le emozioni, i sentimenti, la nostra più nascosta essenza.

E’ quasi come se si potesse ritornare indietro nel tempo fino a quel momento in cui da neonati avvertivamo molto profondamente tutto quello che ci circondava, compreso l’amore della mamma. E i sentimenti erano avvertiti così acuti, densi perché non avevamo la possibilità di vedere perfettamente, e tutti i nostri sensi erano acuiti e protesi verso il mondo che ci circondava.

Ecco, quindi noi, oggi, riuscendo a lavorare superando la barriera dello schermo, riusciamo a visualizzare i nostri pensieri, i nostri sentimenti, le nostre emozioni che, alla stessa maniera avvertiamo acute e dense.

Quale altro mezzo tradizionale permette un viaggio così affascinante nell’universo più intimo? Un mezzo che consente una libertà di espressione mai assaporata prima.

Io credo che l’arte elettronica in genere, la computer art in particolare, sia quella che maggiormente rappresenta il mondo contemporaneo, così complesso, così convulso eppure tanto nostro, tanto profondamente umano.

Oggi, momento in cui tutto appare normale e “assorbito”, forse per la prima volta nella storia, ci rendiamo conto che l’arte non copia o modifica la realtà, ma la inventa. Ci muoviamo dentro questo nuovo mondo in costruzione intuendo, creando possibili strade alternative, pur se guidati dalle ferree leggi dell’arte.

La grandiosa differenza con le circostanze passate sta nella possibilità di svincolarsi dai limiti delle normali percezioni; con l’immaginazione possiamo dare una nuova forma non solo agli oggetti, ma soprattutto alla sensibilità. Ecco, riusciamo così a “vedere” anche l’arte con occhi nuovi.

E giorno dopo giorno contribuiamo alla creazione e alla diffusione di un’arte immateriale che ci appartiene profondamente. Giorno dopo giorno inventiamo una storia. Una storia dell’arte.

Roma, 28 Novembre 2006