Il web propone oggi nuovi servizi che non solo danno informazioni su opere (musicali, letterali, teatrali…) ma anche sulla rete di relazioni, manifeste o carsiche, che le opere portano con sé. Lo annuncia nel supplemento del Sole 24 Ore di domenica 13 maggio 2007 Chiara Somajni. Il sito Best.Fm rivela le quasi infinite connessioni che legano tra loro brani musicali così come fanno Pandora o Amazon per i libri o Sphere per l'informazione che dà tutto quello che c'è intorno a una notizia giornalistica sferizzandola. Non c'è dubbio che si tratti di una bella novità ma è una novità che porta con sé molte conseguenze. La prima ed immediata è la considerazione che le tecnologie (a cominciare dal cinematografo) si propongono sempre più come raffinate esposizioni pratiche dei processi mentali. Il montaggio cinematografico esplicitava l'attitudine della mente a operare sintesi automatiche tra immagini, la rete oggi esplicita le connessioni tra "testi". Queste connessioni sono però (quando avvengono nella sfera intima) opera della mente e della memoria (fondamentale: già Dante era tranciante affermando che senza memoria non c'è cultura). Appartengono cioè alla sfera del vissuto individuale. Non c'è dubbio che quella offerta da Google sia una protesi potente e non c'è dubbio che in questa direzione già andavano i migliori testi di storia della filosofia o i dizionari enciclopedici o quel meraviglioso canto del cigno della carta stampata che è l'Enciclopedia Einaudi e poi gli ipertesti. Ma…
Il lettore che pratica la lettura come un viaggio o come un'avventura spirituale e che non nutre pregiudizi nei confronti dei generi, letteratura o saggistica, sa che esistono libri che si collocano come nodi tra diverse istanze. Anzi i libri stessi sono dei crocevia tra discipline diverse e tra le specifiche esperienze di vita dello stesso lettore. Sono testi che, tanto per dire, non puoi andare a prenderti da solo sugli scaffali delle grandi librerie perché inclassificabili: non stanno completamente a loro agio negli scaffali di sociologia ma neanche in quelli di antropologia o di filosofia (e dio ci scampi da quelli di storia delle religioni) e persino la categoria "comunicazione" crea imbarazzi di gestione. Un reparto dedicato all'ossimoro "scienze umane" coprirebbe bene questa zona di saperi nomadi e capricciosi ma probabilmente da solo avrebbe le dimensioni di una libreria di medie dimensioni. Quindi cercare questi libri in libreria è come cercare un indirizzo a Venezia: devi chiedere. Devi certificarti come straniero (o come ignorante) e attraverso un'iniziazione misurabile sulla capacità di ritenere le indicazioni delle svolte successive (o della maggiore o minore freddezza e frettolosità del commesso e del suo computer oracolare: due piani sopra… un piano sotto…) per poi chiedere nuovamente.
Questi libri sono dunque come i nodi di una rete che non si sviluppa solo su due dimensioni ma in n direzioni. Spesso l'incontro con questi libri crocevia è dovuto al caso: il libro ti chiama imperioso dallo scaffale di una piccola libreria di Trastevere come "Stanze" di Agamben (Einaudi) o ti viene lasciato sul letto da tuo fratello come Fahrenheit 451 di Bradbury (Mondadori) o due amici, in breve intervallo di tempo l'uno dall'altro, te ne parlano entusiasti come per "L'occhio e l'idea" di Pierantoni (Bollati Boringhieri) o mentre ti occupi di urbanistica e percezione legata agli affetti scopri un testo che ti descrive nei tuoi recessi più intimi (di cui credevi essere l'unico conoscitore) come "L'invenzione del quotidiano" di de Certeau (Edizioni Lavoro) o addirittura entri in una erboristeria-profumeria (dove creano profumi seducenti) ed esci con un libro intitolato "L'idiota in viaggio, storia e difesa del turista" di Jean-Didier Urbain (Aporie).
Proviamo ora con i mezzi limitati della scrittura di dare un'idea della rete di relazioni. "Stanze" di Agamben si collega a "Forme estetiche e società di massa" di Abruzzese (Marsilio) ed entrambi afferiscono a Benjamin. "Fahrenheit 451" è in fondo un racconto di fantascienza che si preoccupa ma il problema che suscita non appartiene solo alle leggende (Cesare e la biblioteca di Alessandria) o la narrativa (Eco e "Il nome della Roma") o ai terribili roghi nazisti di libri. E ancora una volta propone la memoria come dolce custodia.
"L'occhio e l'idea" si collega con Arnheim e procede verso Gibson e Goodman mentre "L'invenzione del quotidiano" si specchia con il primo "Fantozzi": può sembrare un insulto ma le pratiche alternative di autonomia e sopravvivenza dell'uomo comune nei confronti dei vincoli e dei prodotti impostigli non sono le stesse messe in atto dal personaggio di Villaggio?
"L'idiota in viaggio", un libro coinvolgente anche se non accattivante visto che si tratta di un saggio rigoroso sulla fenomenologia del turista, parte da un assunto semplice e sorprendente: fare turismo piace a tutti, essere un turista non piace a nessuno. Ma c'è di più: il turista ha una sua dignità metodologica e, principalmente, una sua capacità di evolversi cognitivamente per la sua capacità di tracciare traiettorie nello spazio e nell'immaginario. Alziamo la mano tutti coloro che siamo andati a Brest sulla spinta dell'immagine interiore generata dalla poesia di Prévert per scoprire che Brest è probabilmente il posto più deprimente d'Europa. Turismo da fregnoni ma turismo.
Il libro ribalta la tesi per cui la crescita culturale è ascrivibile al viaggio e non al viaggiatore, alla faccia nostra che abbiamo sempre ritenuto non autonomo l'omino con i pantaloni corti, la maglietta policroma, i sandali con i calzini e la macchina fotografica. Lasciando in pace Erodono, si contraddice una tradizione che dal "Viaggio in Italia" di Montagne (BUR - Rizzoli) a quello di Goethe (Mondadori) ha proposto il Gran Tour come un corso di formazione per le classi dirigenti per almeno un paio di secoli. Il viaggio letteralmente "allarga" gli orizzonti e procedendo per accumulo di quantità di esperienze produce il salto qualititavo della mente. Una credenza che nell'Ottocento svilupperà la possibilità di fare l'esperienza del viaggio senza muoversi dalla propria città mediante Diorama e Panorami (Panorama del XIX secolo, Sternberger, Il Mulino e W. Benjamin, Einaudi; ma eccoci tornati ad Abruzzese). Non dimenticandoci dell'agenzia viaggi Cook e di quei proprietari di Panorama che organizzavano viaggi a Venezia dove i turisti venivano fatti andare su e giù per il Canal Grande tra fiaccolate e musiche "italiane" mentre i Veneziani li guardavano incuriositi (Lo statuto della realtà virtuale reale, Ciorciolini). Che dire dei loro figli che finiscono sequestrati dai guerriglieri nella Depressione Doncalica (ora: se ti viene in mente di andare a cercare il thrill della vita in un posto che già si chiama depressione di nome deve aver parecchio tran tran borghese da cui scappare) A tutto questo "allargarsi" degli orizzonti comincia, sempre nel XIX secolo, a contrapporsi la "malattia degli Svizzeri" una forma d'ansia e depressione che coglie gli emigranti svizzeri privati dei punti di riferimento rappresentati dai monti conosciuti fin da bambini (Perdersi, La Cecla, Laterza) e la Saudade brasiliana e lo Spleen anglo-parigino.
Apparentemente quella proposta in queste righe è una navigazione laterale come quella offerta dal web ma si basa su di una differenza ontologica: la rete rilascia le informazioni in un immediato-presente senza che il tempo (che non sia quello del consumo delle informazioni) definisca lo spazio mentre la rete proposta sopra è l'esperienza sedimentata del vissuto, lo sviluppo temporale legato alle stagioni della vita. Un libro ce in una certa stagione della nostra vita ci indica delle connessioni o anche delle strade possibili in questa nuova stagione forse me ne indicherà altre: ecco la base (il luogo legato allo spazio/tempo) di una crescita culturale o di una crescita tout court.
Tiriamo le somme di questo breve gioco di specchi e di metafore sperando che qualcun altro lo riprenda. Le caratteristiche dello spazio della rete e la conseguente possibilità di navigazione laterale si relaziona (forse addirittura ridisegna, ma è solo un'affermazione al momento sostenuta da nulla) ai luoghi reali in una tonalità imprevedibile. Lo spazio reale ormai si attraversa con una modalità che va da quella dell'argonauta delle fogne, a quella dell'etnologo nella metropolitana a quella poetica dell'istante come nel foro di Les Halles a Parigi o quella del druido celtico sul Po fino alla modalità Sioux (è sempre "L'idiota in viaggio" ad informarci) cioè quella di colui che va a Venezia come tutti gli altri ma ritagliandosi un luogo che tutti gli altri non conoscono. Una modalità che se pur fa una successione di momenti (anche memorabili) non fa storia. Resta l'esperienza dei libri: ma fino a quando? La rete e il turismo offrono la stessa possibilità di riconoscimento immediato: uno sguardo che coglie tutto l'insieme senza graduare le distanze, senza cogliere i chiaroscuri, senza mettere in ballo l'affettività. È così sciocco voler salvare quest'ultima? È così sciocco proporre, come si fa per le compilation di motivi, le reti personali con le cronache personali del rapporto con i testi e le esplicitazioni delle loro relazioni? Perché no?
Roma, 22 Maggio 2007