La Critica

s-quadrature massime
«Così potrebbe darsi - scrive Martin Heidegger - che il nostro abitare impoetico, la sua incapacità di prender la misura, derivi da uno strano eccesso di furia misurante e calcolante». 

Ma qui l'ideale regolativo proposto è quello di una quadratura minima basata sul sentore poetico di una misura del costruire non del tutto oggettivabile. In ogni caso, non traducibile direttamente in norme prescrittive senza contraddirne le premesse critiche. Una visione minimalista, dunque, della razionalità sostenibile. Un contegno "classico" inteso anche come forma di resistenza propositiva nei confronti del tragico quotidiano.

da QUADRATURE  MINIME. ENRICO COCUCCIONI


 
Premessa l'INQUIETUDINE (s-quadrature 1., 2., 3., 4., 5)
1.
 

L'Aperto rilkiano come quadratura minima... massima quadratura minima... quadratura massima... metrica senza metro.

Il ponte che io mi sento (nuova architettura). Le mie quadrature minime sono le quadrature che hanno per confine il Nessundove senza il bordo del no. La risonanza, i versi della Cveateva, quelli di Tentativo di stanza in cui concretamente drammatica è l'impossibilità di trovare una quadratura minima anche minimamente confortevole, rassicurante in cui inscriversi: lo struggente sforzo di rimanere in equilibrio su uno spillo nonostante le cocenti distanze: l'esilio, l'emarginazione dell'essere poeta, il dolore della distanza dai cuori gemelli irraggiungibili - quei poeti vere regioni d'appartenenza, vere case; sono il comune sentire un disagio dell'abitare a tutti i livelli, tutti i livelli. Quadratura minima: sentire, tutto!, quel disagio - non negarlo e cominciare proprio da lì. Un sogno: sentirsi protetti e al sicuro in uno spazio circoscritto grande come tutto il mondo. Io vivo in tutte le città. In entrambi gli emisferi. In tutte le stagioni. Allo stesso tempo. Vorrei dire In tutti gli uomini, ma già non mi crede nessuno. Quando percorro una via percorro tutte le strade del mondo allo stesso tempo. Il cielo sotto cui sto è il cielo sotto cui giacciono bellissime e inesplorate, fino in fondo, tutte le città della terra. 

 
Tre pareti, soffitto, pavimento.
E' tutto, non è vero? E adesso – appari!

...

E un freno di carrozza 
è tavolo? Ma di gomiti si nutre
un tavolo. Chìnati, allarga i gomiti,
e tavolo il tavolo sarà.

Come per i bambini le cicogne,
quando sarà il momento apparirà
la cosa. Non dannarti troppo presto.
Con l'ospite crescerà la sedia.

Crescerà tutto. Non 
costruire.

...

La casa dell'incontro. Solo addii,
anche, magari, del sud al mezzogiorno.
Servono le mani?
No –  ciò che è più silente delle mani,

più lieve delle mani, e puro
più delle mani. Anticaglia messa a nuovo
con servizi? Smisurata angoscia
lasciata lì.

Sì, qui siamo intoccabili
e nel giusto. Delle mani – i messaggeri,
delle mani – i pensieri, i consuntivi,
delle mani – le estreme estremità.

...

Rimpicciolita fino ad un astuccio...
Corridoi: canali delle case.

Matrimoni, destini, cose, date - 
corridoi: affluenti delle case. 

Alle cinque del mattino, con un biglietto, 
non vanno su e giù nel corridoio 

solo le scope. Odore d'erba e timo.
Tipo d'occupazione? Cor-ri-do-ie-sca.

2.  ponte
 

Dove vivo e abito veramente

è a quelle latitudini, 
in quell'emisfero
 
Intimamente 
(dove di più risiede 
il senso de MI vida
gli spazi, sono quelli 
della bella “ciudad que se oye como un verso”
 
Il cielo - nell'enorme vastità 
che gli regala “El Mar” - 
è quello che si stende 
immenso su di lei
 
L'aria, quella fredda 
che viene dal sud 
chiara e limpida, 
Polare
 
Le parole, quelle 
tenere e creative, recitate, 
hermose
Rioplatensi
 
Fuori di me, NELLA MIA CITTA' NATALE
passo per 
vie distanti, straniere 
Il cielo sulla testa 
è piccolo e penoso 
L'idioma, aggressivo 
stridente
 
Vivo nella nuova geo-architettura 
interiore: lì è la mia casa 
lì sto bene. Lì ci siete voi.
 
E questa architettura è un ponte 
intimo 
teso forte 
tra due terre 
sull'oceano 
in ogni istante.
Chi ha costruito (scavato)
i corridoi sapeva dove storcerli
per dare tempo al sangue 
di svoltare l'angolo

del cuore – quello, l'angolo
acuto – magnete di tuoni!
Perché l'isola del cuore
fosse bagnata da ogni

lato. Questo corridoio io
l'ho creato – non chiederlo più chiaro! -

per dar tempo al cervello
di annunciare su tutta 

la linea: da “di qui 
non si sale” allo snodo
del cuore: “Arriva! Géttati!
Chiudi gli occhi! O -

giù dai binari!”. Questo corridoio, non
un semplice poeta, ho creato!
Per dar tempo al cervello
di decidere i posti.

...

Il poeta, tutto, su un unico trattino

si regge...
Sul nulla di due corpi
canta il soffitto, e tutti 

gli angeli veramente.


 
 

 
 
C'è la possibilità di creare un luogo che favorisca un ambiente grembo-materno-ideale di sviluppo dell'Uomo Nuovo? (Seguire gli indizi del webcaming).
3.1
     E a cosa pensi, quando cammini, se non a tutte le strade battute di ogni città del mondo? Quali possono essere le tue vie se non quelle? Quali i tuoi piedi, occhi, cuore, testa, se non quelli che sono tutte le strade del mondo a vedere? 
     Venti di primavere australi come venti di autunni boreali - opposte reciprocità - spazzano strade di città, metropoli e uomini a loro identiche "altrimenti non è possibile" - dice il poeta. 
     E circola l'uomo-vento-città nelle strade delle città-vento-uomo come il vento-uomo-città nelle città-uomo-vento.
     In ogni emisfero, in ogni continente, nel più piccolo paese abitato, lo stesso uomo, lo stesso vento, la stessa città circolano. 
     Le stesse poche immense cose si sussurrano uno all'altro, uno nell'altro, da uno all'altro. Le stesse cose, da secoli, da sempre. Ciascuno per l'altro, flussi dispensatori di cocenti epifanie, se ci toccano, quando ci toccano.

   3.2

Che città guardi , oggi? E quale ti guarda?
Che città ti senti, oggi? E quale ti sente?

Mi guarda algida Edmonton. Guardo Costantinopoli che pigra poltrisce.
Mi sento Andorra, perduta tra le rupi. Mi sente Napoli felina addomesticata.

Che bello quello che hai fatto! Sei esploso sulla carta geografica e ti sei sparso sul mondo. 
In questo modo speciale sono diventata tua compagna di viaggio. 

Com'è facile stare accostati alla geografia - alle città-corpi, non è vero?
E' un altro modo più leggero e più ricco di stare vicini a noi stessi, nelle cose alte come nelle basse.
Vicini a noi stessi con i segni più forti dell'uomo: le città


 
 
Le persone ricercano una fessura in cui vivere, un intervallo ritagliato nell'uniformità dello spazio.  (Tadao Ando)
 

In altri termini, l'architettura minimalista non mette su alcun piedistallo celebrativo né la purezza della forma come tale, né il dominio incondizionato dell'utilitarismo ingegneristico. La differenza può essere colta proprio in riferimento all'idea di un senso della misura: è una questione di scala, di proporzioni, di capacità di giudizio, di tendenza o meno ad assolutizzare l'ordine geometrico e l'ideale purezza delle superfici...
 
 

«la bellezza delle cose imperfette, temporanee e incompiute» (Leonard Koren), ma cerca piuttosto di bilanciare l'esprit de géométrie con la sensibilità orientale per le qualità materiche o tattili delle superfici non levigate.
Ma osiamo sperare che il senso della misura qui evocato possa bensì determinarsi proprio a partire da una più matura consapevolezza (certo, raggiunta storicamente a caro prezzo e non priva, a sua volta, di risvolti sublimi) riguardante i limiti medesimi della ragione umana e, quindi, della stessa progettabilità del mondo.
da QUADRATURE  MINIME. ENRICO COCUCCIONI

 
4. GEOGRAFIE COMPARATE 
o dell'inquietudine di andare ad est (Latitud 34° Sur, Longitud 56° Oeste) 
...cada uno ES de un solo sitio en la tierra.
MARIO BENEDETTI
 
Che rapporti esistono tra la geografia dei luoghi e l'azione di "scendere" dentro di sé?
 

Avevo formulato questa domanda bruta nell'attimo in cui percepivo uno strano disagio psicosomatico mentre andavamo recorriendo la strada verso Punta del Este lasciandoci dietro Punta Ballena, Casa Pueblo e il sole che tramontava. Andavamo ad est costeggiando l'Atlantico - e lui lambendoci. Idealmente, era andare rumbo el Brasil. Tutto ciò che avevamo davanti, però, si imbruniva, si scuriva, precipitava lentamente nel buio. In quel momento della giornata, andando ad est, il sole ci abbandonava. E questo era qualcosa che evidentemente non potevo sopportare o che mi feriva. Dopo il porto, poi, l'andamento della costa "a rientrare", faceva in modo che parte della città facesse ulteriore ombra al mare che ci scorreva accanto e lo incattiviva: arrivati alle dita-che-spuntano-dalla-sabbia, il disagio s'era fatto grande e corposo ancorché inintelligibile: qualche tempo dopo avrei detto che quel buio era sceso allora sulla mia anima come l'eco di qualcosa di importante ed arduo da affrontare: un cenno dal futuro, una indicazione, un presagio.

Se vado ad est non avrò più sole - ho annotato più tardi a casa. Avere il sole alle spalle. Andare ad est mi fa scendere il buio nell'anima. Andare ad est in questo paese è scendere nel profondo di me che conosco e non mi piace. Andare ad est in questo paese è anche andare verso l'Atlantico è andare con il Rio de la Plata "a compimento" nell'oceano. Ma è anche andare verso il Brasile, enorme e minaccioso. E' andare verso un'altra lingua, anche - un'altra ancora. Paese che dà le spalle all'America
Per converso, andare ad ovest, in questo paese è andare a Colonia del Sacramento è andare verso qualcosa di familiare e che non mi spaventa. E' andare a Buenos Aires, è andare in quella rientranza, insenatura profonda, bocca del continente - più tardi avrei detto ferita-vita del continente - dove si mescolano tra di loro le vene-fiumi del sud dell'America del sud (a sud del sud c'è il sud, dice il poeta). Insenatura, grembo, calore, vita. E' risalire il corso del fiume (dei fiumi) è andare alle sorgenti. E' lo spazio e il tempo conquistato alla riflessione, è il flusso sincopato e armonioso dei miei pensieri, è l'infinito mondo delle sensazioni non mitigate (o filtrate) dall'intelletto. La culla della creatività. E' il posto dove io sto comoda in me, dove non ho distanza da me, dove non ho bisogno di comunicare con me perché ogni comunicazione è già avvenuta. 
Deve per forza esserci una connessione tra quanto di un luogo ci è dato di esplorare e quanto questo livello di esplorazione ci fa progredire nella conoscenza di noi stessi
Tra quanto di una paese ci viene incontro e quanto di questo siamo in grado di interpretare intellettualmente e poeticamente, e quanto di ciò che di questo "sentiamo" - senza poterlo decifrare fino in fondo, ma che si deposita in noi come un'ansia e un'inquietudine di scoperta - siamo capaci di trattenere e metabolizzare. Procedere nell'esplorazione di un paese è procedere nella conoscenza di noi stessi. Esattamente come funziona con le persone che amiamo a tutti gli ordini e gradi, e/o che entrano prepotentemente o no nella nostra vita; un paese che si concede a noi per essere esplorato è come e più di una persona che si concede a noi per amarci ed esserne riamati. Un paese che si concede a noi rappresenta un'altra occasione, più succulenta ancora, credo - perché è data da terre e popoli, geografie, storie e culture - di avanzamento nella conoscenza di noi. E' una "chiamata" forte e irresistibile a qualcosa che ci riguarda intimamente e che sta seppellita sotto chissà quali detriti nell'anima. E' un invito che sarebbe sciocco e fatale rifiutare. 
Quando è un intero paese a venirci incontro con la sua geografia, la sua lingua, la sua storia passata e presente, dove ci si potrebbe riparare se volessimo evitarlo - ammesso che fossimo così sciocchi da volerlo evitare? 
Conosco l'Est e l'Ovest di questo paese: ciò che questi con le loro suggestioni geografiche, per così dire, mi rimandano di me stessa in maniera semicomprensibile. In questo senso l'est e l'ovest di questo paese ed io siamo paralleli. 
Il nord è impegnativo, invece: c'è tutta l'estensione del continente sconosciuto che forse mi chiamerà o forse no. 
Il sud è il mare polare e il polo, acqua e poco-di-continente e freddo, gelo. E che non mi invita. Anelo e adoro il vento da sud e le splendide giornate che regala alla città-centro in cui vivo. 
Il nord è l'inconscio e il sud il subconscio? Forse. Ma i termini non risultano così interessanti. 
Io sto al centro di questo paese, sto al centro di tutte queste direzioni e tensioni. Montevideo è il mio centro: via di equilibrio, luogo di ritorno e verifica dopo le incursioni reali e immaginarie verso i punti cardinali del me-paese inscritto nel me-continente. Staziono a Montevideo: non m'allontano troppo dal mio equilibrio sempre-instabile. E' per via della fragilità: il centro è la città-capitale - stabilità per me. Da qui interrogo continuamente i punti cardinali quando questi interrogano me. Il sud arriva con il vento freddo (sudestada), pulito, muto. Il nord con il vento caldissimo della pampa (pampero): e con lui mi arriva il respiro del lavoro dei contadini. E' questo che il pampero sussurra alle mie orecchie e anche del profumo di frutti tropicali, di danze e di ritmi tribali. 
 
Scopro che c'è una geografia di me a partire dalla geografia di questo paese inscritto in questo continente: andare a nord di me in questo paese è... andare a sud di me in questo paese è... andare a est di me in questo paese è... andare a ovest di me in questo paese è... Punti cardinali delle mie profondità e superficialità; delle mie zone centrali e delle mie periferie. Me-paese, me-continente.

 
5.

ponte 04. - TOPOGRAFIE

Sapevo che proprio quell'incrocio 
- proprio quello lì, 
dove la Rambla incontra 
Luis Alberto de Herrera 
- là dove il Palacio 'Pan-Am' separa 
come una cesura la baia di Pocitos 
da quella del Buceo - 
Proprio quell'incrocio (inconscio?) 
si sarebbe installato in me 
Proprio là dove risiedono le geografie 
del mio cuore, mejor, topografie 
del mio cuore. 
Ah, l'archivio topografico del mio cuore!
 
(TOPOGRAFIE: 
forme di città, forme care: 
guance-calles, sguardi-sudestadas,
cielos azules-respiri)

 
 
Certe inn(est)ate poetiche Architettura comparata con sentire poetico (poettura o archiesia); architettura comparata con l'amplificazione e la condivisione degli spazi che procura la pratica del “webcaming”.

Certo, internet se la si guarda bene, è veramente un'antologia di cose poetiche. Essa stessa è poesia. Una rete potenziale di tutte le comunicazioni possibili costruita tutt'intorno alla terra per atti volitivi continuati e diffusi di pubblicazione/espressione alla portata di tutti. Mai prima d'ora nella storia delle comunicazioni s'era data la possibilità di accorciare a tal punto le distanze tra gli uomini. Non si tratta di un giudizio di merito: le distanze geografiche, Internet, le ha davvero azzerate. Non si vuole dire che si è finalmente trovato lo strumento che garantisce la comunicazione tra le persone - quella è una faccenda così complessa e sfuggente che solo qualche sciocco può dichiarare di averne scoperto il segreto. Qui si vuole soltanto suggerire di osservarla nelle sue infinite possibilità di lettura, scrittura, ricombinazione; nei suoi livelli e gradi di utilizzo. 
Sono in pochi a ricordarsi l'affannosa corsa alla pubblicazione su internet a partire dalla fine della primo lustro degli anni novanta. Faceva tenerezza e rabbia (soprattutto rabbia) osservare con quanta ingenua stoltezza ci si affrettava a rovesciare il mondo reale aldiqua nel mondo virtuale aldilà in maniera analogica. L'avidità, la stupidità e la cupidigia - con le migliori loro alleate la "velocità" e la miopia - fecero subito scempio di quel corpo bellissimo e appena sbocciato. Si immagini la delicatezza e la bellezza della lenta nascita dalle acque di Venere. Si immagini che, invece del silenzio adorante di tutti gli animali marini, del sole, e della benevolenza degli dei, ad attendere alla sua nascita ci fossero stati sulla spiaggia satiri ed avvoltoi, iene e sciacalli. Lei nasceva bellissima dalle acque, e, prima ancora di sbocciare, era già carne da preda. 
Ma su quel corpo bellissimo (e qui entriamo nel merito del riguardo adorante), insieme a ferite, lacerazioni, contusioni, graffi, e a ogni sorta di deturpazioni, un occhio attento riesce ancora a scovare certe cose poetiche inenarrabili e per le quali sembrava destinata. Ma certo, come si poteva trattare "con poesia" un prodotto delle moderne tecnologie di comunicazione? No, bisognava essere pragmatici, che poesia e poesia. 
Aveva un linguaggio nuovo da proporre, un linguaggio da decifrare, parole nuove che voleva che le si dicessero per aprire tutti i suoi portals of discovery. 
Qualcuno in verità è riuscito a decrittare l'invito della dea-internet. Qualcuno che si è scoperto - o già era - poeta. Questo autentico atto poetico diffuso e non abbastanza acclamato, ha a che fare con l'amore per la terra in cui si vive, la lentezza del tempo reale, la generosità e l'altruismo. 
 
Chi sono questi poeti? Qual è questo atto poetico diffuso?
 
L'atto poetico diffuso è quello di coloro che tengono accesa la loro webcam ventiquattr'ore su ventiquattro sull'angolo di città, o di foresta, o di prato, o di mare, che inquadra la finestra della loro casa, ufficio, luogo di lavoro. E' il gesto di coloro che tengono perciò tutto il giorno un computer e una webcam accesi e collegati a internet, che sfruttano cioè la potenzialità del loro collegamento adsl o linea dedicata per rendere disponibile a tutto il resto del mondo potenziale le immagini in tempo reale di quell'angolo di mondo. Angolo di mondo che può far gioire chi, per esempio è costretto lontano; che può letteralmente cambiare di segno alle sue giornate; che rende la distanza da un luogo particolarmente amato meno penosa, quasi fortunata. La contemplazione di simili immagini in tempo reale può diventare poesia della distanza, poesia della geografia, poesia del tempo reale, poesia della corrispondenza e della comunicazione. Coloro che contemplano queste finestre aperte su angoli di mondo sono i poeti della distanza, della geografia, del tempo reale...Tributari delle bellezze della dea-internet - loro musa, adoratori di tutti gli angoli del mondo.

 

s-quadratura webcamera
Si tratta di un senso della misura in grado di ricercare alternative praticabili sia al verticalismo fondamentalista che allo spettacolarismo tecnologico, sia alle stravaganze egocentriche prive di ritegno civile che alla mera uniformità tipologica (seppure talora mascherata con abiti cangianti). Una dimensione critica e poetica che però, proprio per queste sue caratteristiche, non è traducibile direttamente in formule prescrittive o norme generalizzabili. Speriamo di essere riusciti, almeno in parte, ad argomentare i motivi di una nostra personale scelta critica operativa. Una scelta che è, al contempo, etica ed estetica.

da QUADRATURE  MINIME. ENRICO COCUCCIONI


 
 
AVVOLTI * uno slow food per l’anima (estratto)
All'uomo nuovo necessitano pratiche artistiche di vita. AVVOLTI mette in scena l'arte di abitare e di vivere il mondo poeticamente. Il luogo allestito per AVVOLTI si carica della ricchezza ambientale e urbanistica delle più disparate parti del mondo. Tali ricchezze sono state sospinte nel mondo digitale da appassionati di luoghi attraverso strumenti semplici ed efficaci come le webcam. Il luogo allestito per AVVOLTI si carica di ricchezze in maniera esponenziale, policentrica, iperbolica, interattiva. AVVOLTI aspira a rappresentare il grembo materno ideale di sviluppo dell'uomo nuovo.
E’ un lavoro lento e pieno di spessore umano, quello che svolge Avvolti con l’uomo e i luoghi: è lento e immenso come è lenta (ma preziosissima) e immensa la costruzione dei rapporti interpersonali tra gli esseri umani e di questi ultimi con i luoghi. Il luogo suggestiona (avvolge) lo spettatore con la presa in diretta della camera fissa; lo suggestiona con lo spicchio di vita che questa inquadra e lo invita ad una visione lenta (in tempo reale) dei luoghi che predilige che lo emozionano che lo ispirano.

 
Avvolti 1. ponti

Valenze
 

AVVOLTI punta su una “pratica dello sguardo” come un servizio di qualità: in altre parole punta sulla qualità di strutture e infrastrutture di rete che sappiano contenere la ricchezza umana, che le diano occasione di esprimersi. Punta a fornire il più ampio spettro di possibilità (qualitative) ai flussi naturali di espressione dell'animo umano: viaggi, comunicazione, acquisti, studi, passioni, affetti. Vuole intercettare questi flussi ma senza il fare predatorio consueto. Vuole metterli in scena e lasciare che facciano il loro gioco - che abbiano gioco.
Puntare sull'uomo: sull’uomo che si prende la briga di “sospingere” un luogo nella rete internet; e sull’uomo che ammira questa forma di espressione e che grazie a questa si riappropria dello spazio (e del tempo) della riflessione. Si punta sull’uomo senza volerne cogliere i punti deboli: senza voler sfruttare la millesimale "coazione all'espressione" del suo animo per commercializzarlo. 
E’ favorire la nascita e la crescita dell'uomo nuovo che interessa AVVOLTI: un uomo che mantenga tutta la grande e spropositata coscienza che ha forgiato in secoli di storia ma che sia capace allo stesso tempo di avere uno sguardo ingenuo e vergine sul mondo, sulle cose - sulle eterne cose umane.

 
 
DIZIONARIO
1. mi vida - mia vita
2. “ciudad que se oye como un verso” - "città che si ascolta come un verso": Borges a proposito di Montevideo
3. “El Mar” - Il Mare : come i rioplatensi chiamano il Rio de la Plata che è appunto Fiume ancorché il più ampio del mondo.
4. hermose - italianizzazione di hermosas: belle
5. webcaming - neologismo che intende  includere tutte quelle azioni che comporta la pratica (tout court) di situare una webcam su internet
6. rumbo el - diretto a

NOTE:
* AVVOLTI ha partecipato al concorso Nuovi Segni 2002/2003 del Gruppo Il Sole 24 ORE

- Tutte le immagini, eccetto l'animazione delle navi da crociera, evocano il Rio de la Plata e la città d'elezione: Montevideo.
L'animazione delle navi da crociera è composta, tra l'altro, da immagini che (in questo caso) "registrano"  l'arrivo in tempo reale nei  porti di Casablanca e Gibilterra.