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Viadotti Cavalcavia Tangenziali

di Nicola Bottiglieri

 

Viadotti, cavalcavia, tangenziali sono manufatti architettonici che appaiono sempre più nel tessuto urbano delle città con il fine principale di “snellire” il traffico dei veicoli. Sono nati come soluzione di emergenza ma altre volte, anche se più raramente, vengono previste nel piano regolatore. Le tangenziali si propongono, quindi, come un anello magico che cerca di unire la velocità fisica del veicolo con la velocità dei ritmi della vita quotidiana. In ogni caso, sia che assorbano il traffico dei veicoli, sia che permettano alla metropolitana di superficie di scorrere velocemente alla luce del sole, sono figli del calcestruzzo, dei tondini di ferro e del prefabbricato.

Quindi, proprio come i tunnel svolgono funzioni vitali e si impongono sulle linee del panorama urbano con una brutalità architettonica dettata solo dall'emergenza. Infatti, sfrecciando in macchina sulla tangenziale di Roma, non è raro violare l'intimità domestica vedendo nelle case del secondo e del terzo piano scene di vita familiare, allo stesso tempo è evidente lo stravolgimento di interi quartieri operato dalle arcate di calcestruzzo, come succede sulla Prenestina.

Le tangenziali, quindi, manifestano, spesso in modo indecente, le prerogative della modernità (inquinamento, sconvolgimento dello sky-line, ecc.) ma sono anche una delle icone della modernità stessa, come si evince dal film King Kong, dove lo scimmione si innamora della bella bionda svampita e la cerca proprio su un cavalcavia di New York, quello dove scorre la metropolitana di superficie. Dopo averla trovata la porta su una delle Torri Gemelle.

Nonostante la sublimazione della modernità che essi rappresentano, questi manufatti indispensabili hanno un “cuore antico”, anzi possono essere visti come l'evoluzione moderna di un antico manufatto, il ponte.

La costruzione dei ponti, come tutti sanno, è stata vista per lungo tempo come prerogativa del potere politico-religioso. Tale eccezionalità nasceva sopratutto dalla inquietante constatazione che i ponti uniscono quello che la natura ha diviso. Tanto che un celebre libro di Anita Seppilli, pubblicato dalla Sellerio, veniva proprio intitolato Sacralità delle acque e sacrilegio dei ponti. Ma oltre la funzione sacrilega nei confronti della natura, il ponte evidenzia il miracolo che la tecnica è capace di imporre alla natura, continuando in qualche modo a celebrare il mito di Prometeo che ruba agli dei il segreto di addomesticare la materia.

Le tangenziali ereditano quindi queste prerogative: innanzitutto uniscono quartieri e spazi che l'uomo da sempre ha diviso (la distanza fra centro e periferia, fra quartieri ricchi e quartieri poveri), in secondo luogo testimoniano l'ardire dell'uomo nel violentare e modificare la bellezza del paesaggio. E tuttavia, come nel caso del ponte, tale sacrilegio è giustificato dalla funzionalità. A questo sacrilegio architettonico noi perdoniamo la sua bruttezza, solo perché accorcia la distanza fra la velocità fisica del veicolo nel traffico con la velocità mentale della fretta che ci perseguita.

Se il ponte antico permette di passare da una sponda all'altra di un fiume, la tangenziale permette di passare da un quartiere all'altro, scavalcando il flusso ingolfato del traffico cittadino. Il sacrilegio dei ponti diventa quindi, nel mondo moderno, sacrilegio dei cavalcavia.

Nel passato la costruzione ardita delle arcate presente sia negli acquedotti romani che in quelle medioevali (soprattutto le arcate vertiginose derivate dall'arco gotico) diede ad essi l'attributo di “ponte dei diavoli” oggi i cavalcavia diventano i generatori di ambienti degradati, dove alligna la delinquenza ed il trash, manifesta tutta la sua variegata modernità. Sotto di essi infatti alloggiano bidoni delle immondizie, catapecchie di cartone per extra-comunitari, terra di mezzo dove si spacciano droga, prostituzione, ecc.

Questi manufatti, tuttavia, sono capaci di elaborare anche un meta-linguaggio urbano che ha ricadute sia nella vita politica che nella vita sociale.

La velocità genera una semplificazione dei comportamenti, per cui l'automobilista ha solo due possibili alternative: avanti, destra, sinistra. Paradossalmente questa è la vita politica della società post-industriale. Nel velocissimo scorrere della cultura politica altro non resta che una semplificazione degli schieramenti, appunto destra o sinistra, ai quali bisogna aderire in fretta, pena la perdita della meta finale, ossia la maggioranza per governare. Il cittadino elabora in tutta fretta una svolta in un senso o nell'altro senza possibilità di ripensamenti almeno fino al prossimo cavalcavia.

L'altra ricaduta è nei comportamenti sociali. Se nel trasporto urbano veloce due soluzioni si contendono la supremazia nelle città, le metropolitane nei tunnel e le auto sui cavalcavia, la prima trasforma il viaggio in un incubo, l'altra in Luna Park.

In questo senso il cavalcavia si propone come un piccolo otto volante che fornisce brividi a basso costo. Guidando, infatti, su un cavalcavia si afferma l'idea che la città moderna può essere vista come un parco dei divertimenti, ed i numerosi cavalcavia sono le piste dell'otto volante dove gli uomini si possono anche divertire guidando, sospesi fra il cielo e la terra, obbligati a percorsi strozzati (e perciò divertenti) in preda ad uno stato di esaltazione determinato dalla morbosità dello sguardo, dalla sospensione nell'aria del manto stradale, dalla riduzione del tempo nel superare le frontiere dei quartieri, dalla irrealtà della situazione. Sotto il flusso veicolare scorre greve e fangoso, sopra le macchine scherzano con le nuvole di smog. Niente di male se ad una curva ci viene incontro l'occhio libidinoso di King Kong che cerca una bionda mozzafiato. Non stiamo facendo lo stesso noi, avanzando fra liane di cemento ed alberi di acciaio, mentre con lo sguardo frughiamo dentro i vetri delle finestre? Benedetto il cavalcavia che ogni ritardo porta via.

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