La Critica

L’opera d'arte come fantasma del reale

di Enrico Cocuccioni

Una delle principali chiavi di lettura critica dell’arte contemporanea ruota intorno alla nozione di reale. Le peculiarità della fotografia – o meglio, per essere più precisi, le specifiche proprietà indexicali del segno fotografico – vengono talora indicate come un modello teorico di riferimento per tutte le altre arti: in qualche misura, secondo questa ipotesi, quasi tutte le strategie dell’arte odierna sarebbero esemplarmente riconducibili, in qualche modo, alla fotografia intesa in prima istanza come impronta del reale. Una tesi già da tempo proposta, com'è noto, da Rosalind Krauss: «L’insieme delle arti visive fa oggi uso di strategie che sono profondamente strutturate dalla fotografia» [Krauss 1996, p. 8]. Sappiamo che una distinzione non convenzionale tra la realtà e il ‘reale’ è stata inizialmente proposta in ambito psicoanalitico da Lacan. Il reale non sarebbe affatto coincidente, secondo Lacan, con la nostra quotidianità ordinaria, ma sarebbe piuttosto qualcosa che irrompe in essa, spesso in modo inatteso e traumatico, tale da sconvolgerne le nostre consuetudini e le nostre presunte certezze. Partiamo dunque dalla nozione di reale messa a punto da Lacan. E proviamo anche a prendere in esame la tesi di Lacan riferibile in particolare all'opera d'arte, in base alla quale «l’esperienza del fantasma è intimamente intessuta nell’opera» [Lacan 2013, p. 443].

Nella Enciclopedia della psicoanalisi di Laplanche e Pontalis, il fantasma è così definito: «Scenario immaginario in cui è presente il soggetto e che raffigura, in modo più o meno deformato dai processi difensivi, l'appagamento di un desiderio e, in ultima analisi, di un desiderio inconscio» [Laplanche, Pontalis 1967]. La "logica del fantasma" per come l'ha rielaborata Lacan appare più complessa. Anche nell'arte vediamo emergere declinazioni più articolate e singolari di ciò che qui definiamo "fantasma". Si tratta spesso di riscritture progressive di un medesimo fantasma, ossia di ripetizioni di una stessa scena ma con piccole variazioni che però in qualche misura ne modificano il senso e l’impatto ‘affettivo’ sul soggetto. Per Lacan il fantasma pone in gioco in termini originali il rapporto soggetto/oggetto: «...il rapporto fra il soggetto e l’oggetto prende perciò consistenza in [$<>a], dove si produce qualcosa che non è più soggetto né oggetto, e che si chiama fantasma» [Lacan 2006, p. 18]. Che ruolo gioca il reale in questa concezione lacaniana del fantasma? Se il reale per Lacan è, come si è detto, ciò che ‘irrompe’ nella realtà quotidiana, spesso sconvolgendola in modo drammatico, il fantasma nasce in primo luogo come difesa da questa irruzione. Ma nello stesso tempo, quel particolare “schermo”, o scudo difensivo, in cui il fantasma consiste, lascia emergere allo scoperto qualcosa del reale sotto forma di oggetto piccolo a. Ecco la formula da cui si evince la posizione intermedia del fantasma tra il soggetto barrato e l'oggetto a:  [$<>a]. Tale oggetto può assumere diverse sembianze. Queste le sue principali "incarnazioni": Seno, Scarto, Sguardo, Voce. In altri termini, si tratta di "oggetti pulsionali" che nella vita psichica del soggetto possono dischiudere concrete esperienze di Separazione, Rifiuto, Esibizione, Invocazione: «Sono dunque queste – secondo Lacan – le quattro cancellature con cui può inscriversi il soggetto, il quale resta naturalmente inafferrabile, poiché non sussiste se non in quanto si inscrive nel campo dell'Altro» [Lacan 2006, p. 315].

Teniamo presente che esiste certo la possibilità d'intendere l'immagine in senso lato come tipica espressione di una facoltà del pensiero, o della "fantasia" umana, ma ciò che in psicoanalisi si designa con il termine "fantasma" non è affatto riducibile, come dovrebbe essere ormai chiaro, a ciò che nel linguaggio quotidiano chiamiamo immagine. In prima approssimazione possiamo però paragonare alcune caratteristiche salienti delle immagini alla definizione del fantasma qui proposta in senso psicoanalitico. Secondo Georges Didi-Huberman, «Alla stregua dei segni linguistici, le immagini sanno a modo loro (...) produrre un effetto attraverso la sua negazione. Esse sono di volta in volta il feticcio e il fatto, il veicolo della bellezza e il luogo dell’insostenibile, la consolazione e l’inconsolabile. Non sono né una pura illusione, né tutta la verità, ma quel battito dialettico che agita assieme il velo e il suo strappo. [Didi-Huberman 2003, p. 106]. Ma sappiamo che all’interno di questo “doppio regime” dell’immagine, a volte prevale la funzione coprente del velo, altre volte quella disvelante dello strappo.

Possiamo chiederci se questo «battito dialettico che agita assieme il velo e il suo strappo» di cui parla Didi-Huberman, sia una caratteristica solo delle immagini o se, in senso più ampio, coinvolga anche quella particolare formazione psichica che la psicoanalisi definisce, appunto, "fantasma", ossia una scena immaginaria che funziona come una sorta di schermo protettivo e, insieme, come uno spiraglio aperto verso il reale. Il fantasma, infatti, come suggerisce Lacan, è forse l'unica porta d'accesso al reale per il soggetto del desiderio: se per un verso il fantasma costituisce una difesa nei confronti del reale, per altro verso Lacan può dunque affermare persino  «che per il soggetto non ci sia altra entrata nel reale che il fantasma» [Lacan 2001, p. 322], e la sua configurazione non riguarda solo il registro dell'immaginario, bensì anche quello del simbolico, in quanto il suo contenuto narrativo può in genere riassumersi nella forma verbale di un semplice enunciato, per quanto scarno, laconico e, almeno in apparenza, impersonale. Celebre l'esempio di fantasma analizzato da Freud: «Un bambino viene picchiato». In estrema sintesi, si può probabilmente parlare in senso lato dell'opera d'arte come fantasma del reale. Questa doppia funzione dell'opera (al contempo di schermo e apertura, scudo protettivo e spiraglio sul reale), sembra assumere un risalto notevole nelle tendenze dell'arte contemporanea. La stessa onnipresenza degli schermi tecnologici nella quotidianità del nostro tempo, e le stesse modalità espositive con cui oggi l'arte si mostra allo sguardo dello spettatore, fanno supporre che la tecnologia non faccia altro, per così dire, che dare consistenza materiale ai nostri fantasmi più intimi.

«Il fantasma – secondo Lacan – viene prodotto da parte del soggetto, in quanto marcato dall'effetto della parola, nel suo rapporto con un oggetto a...» [Lacan 2013, p. 433]. Nel gergo lacaniano, l'oggetto piccolo a, essendo perduto da sempre e per sempre, diventa causa del desiderio del soggetto proprio in virtù della sua radicale mancanza. In che modo questo discorso può coinvolgere l'esperienza dell'arte? Ancora Lacan ci offre una chiave: «l'opera d'arte introduce nella sua struttura l'avvento del taglio nella misura in cui in essa si manifesta il reale del soggetto, in quanto questi,  al di là di ciò che dice, è il soggetto dell'inconscio» [Lacan 2013, p 443]. Il taglio di cui si parla qui è appunto un effetto dell'accesso del soggetto all'ordine simbolico del linguaggio. Se il processo analitico può essere inteso come l’attraversamento del fantasma elaborato da un soggetto del desiderio, anche l’esperienza dell’arte richiede a suo modo il confronto con la singolarità di un fantasma. C’è infatti una struttura sia verbale che iconica dell’opera d’arte che è paragonabile a quella di un fantasma inteso in senso psicoanalitico, in cui la parola si annoda strettamente all’immagine, e dove il simbolico, l’immaginario e il reale si legano tra loro come nell'ormai famoso Nodo Borromeo di Lacan. C’è dunque fin dall'inizio una condizione di possibilità basata sulla compresenza di più fattori costitutivi (verbo-iconici, oltre che indexicali e performativi), riscontrabili in ogni opera d’arte. Ad esempio, in ogni opera d’arte fotografica. Al punto che diventa lecito chiedersi se un’opera fotografica possa davvero essere considerata soltanto fotografica. Forse uno dei meriti dell’Arte Concettuale è stato quello di porre l’accento sull’importanza della didascalia o del titolo dell'opera.

In ogni ‘fantasma’, dunque, – come in ogni fotografia – c’è sia il lampo dell’immagine che il tuono della parola. Il lampo e il tuono: metafore che possiamo facilmente riferire, ad esempio, da un lato, all’istante dello sguardo fotografico, dall'altro lato, al tempo prolungato, dilatato, delle risonanze, dei racconti, nonché delle stesse analisi critiche. l'orizzonte della veggenza rivolta al futuro e quello della rimembranza orientata al passato, tendono così a confondersi, a convergere nella incessante ripetizione del Medesimo e del Nuovo, in uno scenario che appare quasi atemporale, segnato com'è da una "fusione di orizzonti", dove l'opera inaugura una temporalità non lineare che sembra esemplarmente riconducibile sia alla logica del fantasma che all'esperienza dell'arte. Il presente dell'opera d'arte, dunque, tiene insieme il passato e il futuro come per una sorta di destino inevitabile che tuttavia rimane sempre aperto a revisioni o svolte tanto inattese quanto imprevedibili. Ecco infine una intuizione spaesante, una frase di Lacan che può risultare particolarmente enigmatica, ma che può per certi versi evocare, nell'arte odierna, il fecondo rapporto che può instaurarsi tra fotografia e danza, o tra un'arte dello sguardo e un'arte del corpo: «C'è qualcosa di cui siamo sorpresi che non serva di più il corpo come tale – la danza» [Lacan 2005, p. 150]. Azzardiamo una tra le innumerevoli letture possibili di questa singolare affermazione di Lacan: la danza, probabilmente, “serve il corpo” forse anche nel senso che consente al soggetto di accogliere in sé il farsi evento dell’opera d’arte, che è poi l’avvenire stesso del proprio fantasma: la messa in scena di un corpo desiderante che pur si gode nel reale.

Roma, 14 Gennaio 2021


Riferimenti bibliografici

Krauss, R. 
1990 Teoria e storia della fotografia, tr .it. Bruno Mondadori, Milano 1996

Lacan, J.
2013 Il seminario Libro VI, Il desiderio e la sua interpretazione, 1958-1959, tr. it. Einaudi, Torino 2016

Laplanche, J.   Pontalis, J-B.
1967 Enciclopedia della psicoanalisi, tr. it Laterza, Roma-Bari 1993

Lacan, J.
2006 Il seminario Libro XVI - Da un Altro all’altro 1968-1969; tr. it. Einaudi, Torino 2019

Didi-Huberman, G.  
2003 Immagini malgrado tutto, tr.it Raffaello Cortina Editore, Milano 2005

Lacan, J.
2001 «La logica del fantasma», in Altri scritti, tr. it. Einaudi, Torino 2013

Lacan, J.
2005 Il seminario Libro XXIII, Il sinthomo,1975-1976, tr. it. Astrolabio, Roma 2006