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Sigla
animata (Flash
4)
Per abituarsi ad affrontare in termini propositivi questa particolare situazione percettiva può essere utile disegnare rapide sequenze su carta rimanendo all'interno di piccoli riquadri basati appunto sul rapporto 4:3 (storyboard). Le sequenze audiovisive vanno pensate seguendo le regole della sceneggiatura, della ripresa e del montaggio cinematografico anche quando gli elementi in campo sono puramente grafici. Ma la videografica affronta in genere strutture narrative elementari. Racconti brevissimi che a volte si basano sul semplice meccanismo delle battute di spirito: presentare una scena mettendo su una pista interpretativa più o meno banale e prevedibile gli ascoltatori, per poi mostrare lo stesso evento in una nuova cornice o da un punto di vista inusuale, tale da spiazzare completamente gli astanti che in tal modo saranno piacevolmente costretti a rivedere o ad allargare la propria visione delle cose.
Tuttavia, nel mondo delle arti elettroniche ormai tutto scorre sempre più velocemente: immagini alla deriva, travolte dalla corrente di un flusso impetuoso che pure, in qualche misura, il videografico tenta ogni volta di arginare con ogni mezzo. Del resto, è lui per primo a sapere che le risorse espressive primarie della videografica derivano sostanzialmente dalla gestualità significante incarnata nel movimento del corpo umano. La danza originaria, in questo caso, è soprattutto evocata da lettere e simboli grafici che fluttuano liberamente nel vuoto dello schermo.
La retorica videografica punta insomma più sulla fascinazione ipnotica di suoni suadenti e immagini luccicanti che sulla coerenza logica delle argomentazioni verbali. Al di là degli usi più ingenui e didascalici della videografica, ecco però disvelarsi anche un gioco sottile di continue interferenze "verbovisive" tra parole e immagini, favorite ora dall'uso di tecnologie multimediali sempre più versatili. Un gioco che talora ripropone su larga scala anche soluzioni creative molto sofisticate, del tutto simili a quelle sperimentate in passato dalle avanguardie artistiche.
Un valore che rimanendo ancorati all'ormai obsoleta tecnologia dei grandi apparati televisivi non può essere affermato se non come pura enunciazione teorica, ma che ora può di fatto concretizzarsi grazie alle potenzialità contenute nelle tecnologie informatiche più diffuse. Nato sulla scia delle tecniche di animazione cinematografiche per affrontare le specifiche esigenze d'impaginazione, titolazione e illustrazione dei programmi televisivi, il linguaggio videografico tende dunque, nel nuovo scenario tecnologico, a trasferire il proprio bagaglio di risorse creative nel vasto orizzonte futuro dell'animazione interattiva dischiuso dalla rete planetaria degli "iperstrumenti" web-multimedia.
Naturalmente, anche la scelta del colore, della texture, degli effetti di luce, dei gradienti (gradazioni di valori intermedi tra le zone più chiare e quelle più scure di un'area cromatica), hanno una grande importanza in termini di progetto grafico. Il colore, oltre a poter essere usato come fattore segnaletico d'identificazione può avere un ruolo decisivo nel determinare l'impatto emotivo di un messaggio visivo. La texture consente inoltre l'evocazione diretta di sensazioni tattili (una superficie può essere, ad esempio, liscia o ruvida, più o meno opaca o riflettente). Il gioco delle trasparenze e delle interposizioni tra gli elementi sulla scena può essere reso ricorrendo a semplici indizi prospettici (ombreggiature, riduzione delle grandezze, linee di fuga) oltre che con i valori dei grigi basati, appunto, su diversi livelli d'intensità luminosa.
1) Raccogliere molte informazioni sul problema da risolvere, ad esempio sulle caratteristiche più significative dell'organizzazione produttiva da cui riceviamo l'incarico di realizzare una nuova sigla. 2) Cercare spunti estetici non necessariamente ricavabili da una stretta aderenza al tema affrontato: nella grafica gli aggettivi contano almeno quanto i sostantivi: ad esempio, uno stesso messaggio può essere trasmesso in modo sciatto, improvvisato e irritante, oppure in modo accurato, ponderato e gradevole. In genere il messaggio che nasce da procedure noiose e ripetitive tende ad annoiare anche chi lo riceve, e ciò spesso prescinde dalla effettiva natura del contenuto rappresentato. 3) Creare un modello riproducibile e ben identificabile visivamente, un segno caratterizzante e altamente generativo, ovvero un seme che possa dare in seguito vita ad una linea coordinata, intesa come una serie di applicazioni grafiche, coerenti sul piano stilistico e adatte a diversi supporti e canali comunicativi, utilizzando le più appropriate tecniche di riproduzione. Ad esempio: un marchio che identifichi una rete TV, un logo inedito per la sigla di una una trasmissione, un modulo spaziale per le scenografie virtuali, un nuovo carattere tipografico ideato per determinate esigenze di titolazione, un certo modo di sistemare le scritte nei "sottopancia", nome in gergo di quelle fasce che appaiono nella parte bassa del teleschermo. Per il videografico questo implica anche lo studio delle interazioni espressive tra gli elementi visivi e le componenti sonore e cinetiche che costituiscono il prodotto audiovisivo nel suo complesso. Ciò significa che il segno videografico deve possedere fin dall'inizio i requisiti adatti per essere "animato" e messo in relazione ad una colonna sonora. 4) Verificare, infine, che il modello adottato si riveli davvero efficace nell'intero contesto del nostro intervento, al di là del puro e semplice appagamento delle richieste del committente. In ogni caso il videografico deve innanzitutto confrontarsi con le tendenze internazionali di una disciplina che non conosce frontiere e che, per quanto giovane, ha già una storia, uno statuto etico, una specifica metodologia e un proprio linguaggio autonomo. ©
Enrico Cocuccioni 2000 |
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