Sigla animata (Flash 4)
  • La traccia originaria 
La grafica ha origini remote: immaginiamo un cacciatore primitivo mentre scopre nelle tracce lasciate dalla sua preda un segno per orientarsi. Oppure un cavernicolo che incide un graffito durevole sulle pareti della sua grotta. Ma la grafica nasce propriamente solo quando il segno assume l'identità di un modello visivo riproducibile. Ciò in ogni epoca ha richiesto capacità di sintesi e competenze tecniche sempre aggiornate.
  • Che cos'è la videografica 
Oggi il computer è lo strumento più usato per la creazione dei simboli grafici. Ma questo non significa che tutta la grafica prodotta al computer sia fatta per essere vista dentro un monitor. Chiamiamo infatti Videografica solo la grafica realizzata espressamente per il video.
  • Un limite invalicabile 
la caratteristica saliente del segno videografico è proprio quella di essere concepito per il piccolo schermo: un rettangolo che possiamo ottenere con 12 quadrati, o meglio con 4 unità di base x 3 di altezza. Se dunque hai intenzione di mandare messaggi attraverso un monitor ricordati sempre che l'unico vero limite, in quanto destinato ad avere importanti conseguenze pratiche sulla composizione delle immagini, è nel dover adottare a priori una banale finestra che incornicia solo una piccola porzione del nostro campo visivo. 

Per abituarsi ad affrontare in termini propositivi questa particolare situazione percettiva può essere utile disegnare rapide sequenze su carta rimanendo all'interno di piccoli riquadri basati appunto sul rapporto 4:3 (storyboard). Le sequenze audiovisive vanno pensate seguendo le regole della sceneggiatura, della ripresa e del montaggio cinematografico anche quando gli elementi in campo sono puramente grafici.

Ma la videografica affronta in genere strutture narrative elementari. Racconti brevissimi che a volte si basano sul semplice meccanismo delle battute di spirito: presentare una scena mettendo su una pista interpretativa più o meno banale e prevedibile gli ascoltatori, per poi mostrare lo stesso evento in una nuova cornice o da un punto di vista inusuale, tale da spiazzare completamente gli astanti che in tal modo saranno piacevolmente costretti a rivedere o ad allargare la propria visione delle cose.

  • L'impresa videografica 
Il videografico è dunque colui che sa trasformare questo limite oggettivo del piccolo schermo in una appassionante sfida creativa. Egli cercherà in tutti i modi di far esplodere questo rettangolo, di rompere la scatola televisiva, ma potrà farlo solo con le risorse della sua fantasia e un sapiente uso dei linguaggi visivi e delle tecniche di animazione. Forse non è il caso di abbrutirsi nella lotta contro un nemico invincibile. Se è inutile far finta che il mostro cattivo non esista, cerca piuttosto di scendere a patti con lui per fartelo amico...
  • Le immagini senza posa 
Un' altra caratteristica essenziale del segno videografico è la sua tendenza a non stare mai fermo. Nello sguardo giovanile del video, come del resto accade da più di un secolo nel cinema, ogni visione sembra animata da una incessante voglia di metamorfosi che può tollerare solo qualche breve pausa. 

Tuttavia, nel mondo delle arti elettroniche ormai tutto scorre sempre più velocemente: immagini alla deriva, travolte dalla corrente di un flusso impetuoso che pure, in qualche misura, il videografico tenta ogni volta di arginare con ogni mezzo. Del resto, è lui per primo a sapere che le risorse espressive primarie della videografica derivano sostanzialmente dalla gestualità significante incarnata nel movimento del corpo umano. La danza originaria, in questo caso, è soprattutto evocata da lettere e simboli grafici che fluttuano liberamente nel vuoto dello schermo.

  • Il campo magnetico dello schermo 
Riconoscibilità, leggibilità e univocità dei segni non sono affatto qualità primarie del segno videografico. A differenza della scrittura tradizionale, infatti, il linguaggio videografico privilegia i valori espressivi della messa in scena, della spettacolarità, dell'enfasi emotiva, ad ogni sistematica e razionale decifrazione del testo. Si preferisce dunque l'estroversione, il forte coinvolgimento sensoriale, ovvero il movimento ritmico delle immagini e l'atmosfera creata da una colonna sonora, rispetto allo sguardo statico, concentrato e riflessivo, tipico invece della lettura silenziosa di un libro. 

La retorica videografica punta insomma più sulla fascinazione ipnotica di suoni suadenti e immagini luccicanti che sulla coerenza logica delle argomentazioni verbali. Al di là degli usi più ingenui e didascalici della videografica, ecco però disvelarsi anche un gioco sottile di continue interferenze "verbovisive" tra parole e immagini, favorite ora dall'uso di tecnologie multimediali sempre più versatili. Un gioco che talora ripropone su larga scala anche soluzioni creative molto sofisticate, del tutto simili a quelle sperimentate in passato dalle avanguardie artistiche.

  • L'interattività come valore 
Un nuovo valore si afferma da qualche tempo nell'orizzonte della videografica. Il valore dell'interattività, ovvero di una comunicazione bidirezionale basata sul feedback inteso come possibilità, per il mittente, di ottenere una "risposta" immediata dal destinatario del messaggio, proprio come avviene comunemente nel dialogo tra persone, ma con l'estensione di questa relazione simmetrica su scala più ampia e in grado di coinvolgere ora persino il rapporto uomo-macchina. 

Un valore che rimanendo ancorati all'ormai obsoleta tecnologia dei grandi apparati televisivi non può essere affermato se non come pura enunciazione teorica, ma che ora può di fatto concretizzarsi grazie alle potenzialità contenute nelle tecnologie informatiche più diffuse. Nato sulla scia delle tecniche di animazione cinematografiche per affrontare le specifiche esigenze d'impaginazione, titolazione e illustrazione dei programmi televisivi, il linguaggio videografico tende dunque, nel nuovo scenario tecnologico, a trasferire il proprio bagaglio di risorse creative nel vasto orizzonte futuro dell'animazione interattiva dischiuso dalla rete planetaria degli "iperstrumenti" web-multimedia.

  • Un lampo nel buio 
Il segno videografico nasce sempre, almeno idealmente, in bianco e nero. Per riconoscere una figura, distinguerne bene i contorni che la staccano visivamente dallo sfondo, occorre infatti che il nostro cervello riceva particolari informazioni di base. L'essenziale rapporto tra figura e sfondo che caratterizza ogni simbolo grafico può essere dunque vantaggiosamente studiato prescindendo dalle altre informazioni riguardanti eventuali colori o gradazioni tonali o valori tattili delle superfici, ovvero da tutte quelle altre qualità sensoriali che, in seguito, si aggiungeranno alla configurazione primaria e contribuiranno a determinare l'aspetto finale del simbolo in questione. 

Naturalmente, anche la scelta del colore, della texture, degli effetti di luce, dei gradienti (gradazioni di valori intermedi tra le zone più chiare e quelle più scure di un'area cromatica), hanno una grande importanza in termini di progetto grafico. Il colore, oltre a poter essere usato come fattore segnaletico d'identificazione può avere un ruolo decisivo nel determinare l'impatto emotivo di un messaggio visivo. La texture consente inoltre l'evocazione diretta di sensazioni tattili (una superficie può essere, ad esempio, liscia o ruvida, più o meno opaca o riflettente). Il gioco delle trasparenze e delle interposizioni tra gli elementi sulla scena può essere reso ricorrendo a semplici indizi prospettici (ombreggiature, riduzione delle grandezze, linee di fuga) oltre che con i valori dei grigi basati, appunto, su diversi livelli d'intensità luminosa.

  • Il bisturi e la matita 
Il grafico è da sempre abituato ad analizzare, costruire e impaginare le immagini con strumenti ben affilati o appuntiti, ad ottenere cioè una configurazione visiva sintetica, ridotta all'essenziale, velocemete recepibile, ottimizzata con il criterio economico del "massimo risultato col minimo sforzo" applicato sia alla fase della produzione (il minor numero di passaggi o di elementi da realizzare e riprodurre), sia all'uso finale del prodotto comunicativo (ridurre l'intensità e la durata dell'impegno cognitivo richiesto al destinatario per la lettura del messaggio, o comunque renderne esteticamente fruibile anche l'eventuale ambiguità o complessità strutturale). Nel caso in cui una ridondanza iconica si riveli ingiustificata o fuorviante occorre dunque intervenire con rapidità e precisione chirurgica e, soprattutto, saper dove tagliare le immagni per sfrondarle dal superfluo... 
  • I quattro passi del metodo creativo 
Per realizzare un buon prodotto videografico occorre in genere:
1) Raccogliere molte informazioni sul problema da risolvere, ad esempio sulle caratteristiche più significative dell'organizzazione produttiva da cui riceviamo l'incarico di realizzare una nuova sigla.

2) Cercare spunti estetici non necessariamente ricavabili da una stretta aderenza al tema affrontato: nella grafica gli aggettivi contano almeno quanto i sostantivi: ad esempio, uno stesso messaggio può essere trasmesso in modo sciatto, improvvisato e irritante, oppure in modo accurato, ponderato e gradevole. In genere il messaggio che nasce da procedure noiose e ripetitive tende ad annoiare anche chi lo riceve, e ciò spesso prescinde dalla effettiva natura del contenuto rappresentato. 

3) Creare un modello riproducibile e ben identificabile visivamente, un segno caratterizzante e altamente generativo, ovvero un seme che possa dare in seguito vita ad una linea coordinata, intesa come una serie di applicazioni grafiche, coerenti sul piano stilistico e adatte a diversi supporti e canali comunicativi, utilizzando le più appropriate tecniche di riproduzione. Ad esempio: un marchio che identifichi una rete TV, un logo inedito per la sigla di una una trasmissione, un modulo spaziale per le scenografie virtuali, un nuovo carattere tipografico ideato per determinate esigenze di titolazione, un certo modo di sistemare le scritte nei "sottopancia", nome in gergo di quelle fasce che appaiono nella parte bassa del teleschermo. 

Per il videografico questo implica anche lo studio delle interazioni espressive tra gli elementi visivi e le componenti sonore e cinetiche che costituiscono il prodotto audiovisivo nel suo complesso. Ciò significa che il segno videografico deve possedere fin dall'inizio i requisiti adatti per essere "animato" e messo in relazione ad una colonna sonora.

4) Verificare, infine, che il modello adottato si riveli davvero efficace nell'intero contesto del nostro intervento, al di là del puro e semplice appagamento delle richieste del committente. In ogni caso il videografico deve innanzitutto confrontarsi con le tendenze internazionali di una disciplina che non conosce frontiere e che, per quanto giovane, ha già una storia, uno statuto etico, una specifica metodologia e un proprio linguaggio autonomo.

© Enrico Cocuccioni 2000
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