0.6 L'Uscita

Ogni uscita implica un'entrata. Si esce da un luogo per entrare in un altro. Per accedere all'Altro occorre uscire dal Sé. L'uscita dal Sé viene talora definita come Estasi. Ecco un esempio. Ejzenstejn, uno dei maggiori registi della storia del cinema, nonché illustre teorico del moderno linguaggio audiovisivo, ha tentato di riassumere in una formula i molteplici contenuti del suo insegnamento circa le tecniche del "montaggio" cinematografico e le nuove strategie della messa in scena. Egli ha in tal modo inteso definire la formula dell'estasi. Una formula della cui validità egli ha cercato di trovare ulteriori conferme critiche in molte opere giudicate esemplari e assunte come modello, appunto, di quella condizione estatica per cui qualcosa esce dalla propria "stasi", dalla propria inerzia ordinaria, dai propri limiti convenzionali, e si tramuta in qualcosa d'altro compiendo così un "salto qualitativo". Lo spettatore che esce dalla sala cinematografica o da un museo potrebbe non essere la stessa persona che era prima di aver visto il film o visitato la mostra. Del resto il finale di un film è in genere configurato proprio come la messa in scena esemplare di un cambiamento raggiunto dal protagonosta della storia al culmine della vicenda narrata. L'eroe torna a casa, ma nel frattempo in lui è cambiato qualcosa. Il ritorno implica a volte una importante acquisizione: si può tornare alla vita ordinaria portando co sé il Dono Magico ottenuto dopo molte peripezie. L'Uscita rappresenta dunque il Compimento, seppure talora provvisorio, di un'esperienza intensamente vissuta che magari ha modificato un nostro vecchio atteggiamento, ha prodotto in noi un qualche arricchimento sul piano estetico, morale o intellettivo. Ma l'uscita dalla Galleria può essere anche solo un'uscita di sicurezza sulla quale possiamo far conto in qualsiasi momento.

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