La Critica

Fisica di un giovane aspirante letterato neosentimentalista

di Maurizio Grilli

 

Qualche tempo fa, discorrendo con un fisico, mi sono reso conto che i miei pensieri, riguardanti le leggi che governano questo pianeta ed elaborati nella mia mente allenata a cercare continui agganci con la realtà, trovavano difficoltà, in un primo momento, ad essere compresi dal mio interlocutore. Egli aveva, infatti, la tendenza a trasformare le mie idee in formule matematiche, per constatare solo in un secondo momento che esse erano giuste.

La materia di quella discussione non è la stessa che tratterò qui. Ne ho parlato, perché allora ho avuto la sensazione che il mio interlocutore avrebbe potuto ad un certo punto perdersi nelle sue elucubrazioni e che egli avrebbe tratto vantaggio dal vedere le stesse cose da un altro punto di vista.

Fisica e letteratura si incontrano. La letteratura rappresenta l'arte e la fisica non vuole essere un modo per darle una giustificazione razionale, ma piuttosto un'occasione per ribadirne il legame insanabile ed essenziale con una sfera del reale che l'uomo mai potrà comprendere a pieno e tanto meno gestire a piacere o farne l'oggetto della propria vita. Non siamo noi uomini a possedere l'arte, ma semmai è vero il contrario e l'uomo può, se ha sufficiente coraggio, assecondare questa vocazione che non si presenta dando certezze o programmi di lavoro, ma sensazioni, visioni, che si possono trattenere solo attraverso una totale dedizione, che non abbia secondi fini. Arte non è mestiere. Arte è indissolubilmente legata alla vita e la vita è l'unico percorso che ci è dato per tentare di seguire le tracce dell'assoluto, della materia, dell'energia, del moto e dello spazio universale e quindi dell'infinito di cui portiamo dentro i battiti, ma che possiamo paradossalmente percepire solo come esseri finiti, destinati a scomparire, portando via con noi le intuizioni di segreti, di cui l'universo pare geloso custode.

Le mie cognizioni di fisica non sarebbero sufficienti a determinare le precise conformazioni dei pianeti, le traiettorie delle orbite o le dimensioni e la lontananza delle stelle. Per ottenere questi dati bisogna applicare correttamente formule matematiche e svolgere senza errori calcoli appropriati che io non conosco. I risultati di tali operazioni, per quanto complessi, rimangono però sempre riferiti a ciò che appare, che c'è in un dato momento e in un dato spazio finito, e non dicono nulla sulla natura primigenia, sull'essenza della realtà.

A volte i fisici sconfinano dalla loro funzione di misuratori del reale e propongono teorie sull'origine del tutto. Spesso però anche queste fantasie sono appunto teorie, si avverte in esse l'abitudine a trattare di cose circoscritte, limitate. La teoria del "big-bang", la più nota, immagina uno stato originario in cui l'universo era tutto concentrato in un nucleo, che poi sarebbe scoppiato, scaraventando ovunque la materia. E il nucleo? Dove è nato quello? E dov'era? In uno spazio nero o tutto illuminato?! E che cos'era questo spazio?

È su questo piano del discorso sull'origine delle cose che mi pongo in relazione alla fisica. Parto dal presupposto che l'uomo non possa in alcun modo progredire sulla via della scoperta dell'origine, ma solo su quella dell'individuazione dei propri limiti.

Nell'esposizione ho rinunciato volontariamente a determinare un qualsiasi schema logico che ordinasse i miei pensieri a priori. In questo modo spero di avere contribuito ad aumentare la fedeltà dell'esposizione alle mie idee.

Se si potesse guardare da vicino il moto delle particelle che ruotano attorno al nucleo dell'atomo, ma dico tanto vicino da poterle guardare quasi dal punto di vista del nucleo, esse darebbero l'impressione di un moto scomposto, disordinato, casuale, irregolare. Se poi ci si allontanasse progressivamente da questo punto ideale, il moto di quelle particelle si rivelerebbe sempre più omogeneo. Vedremmo ad esempio che oltre ad un certo limite nessuna particella esce mai e che solo poche, raramente, lo raggiungono. Sarebbe un po' come guardare le onde del mare sulla riva. Sappiamo, dal limite della sabbia bagnata, che una di esse l’ha raggiunta anche in quel certo punto estremo, e che se aspettiamo pazienti, giungerà con ogni probabilità prima o poi un'altra onda che raggiungerà quel punto e magari lo supererà anche se solo di qualche centimetro. Così sarà difficile stabilire con precisione quale sia il punto estremo oltre il quale le onde non vanno e sarà possibile individuare al massimo una zona limite oltre la quale sarebbe impossibile l'arrivo di un'onda.

La stessa concezione si dovrà applicare alla zona più esterna dell'atomo. Da una certa distanza non saranno poi più percettibili gli spostamenti più rari, ma si coglieranno solo quelli della maggioranza delle particelle che hanno il nome di elettroni.

Non accade forse lo stesso per i corpi celesti? Noi dalla terra, guardando ad occhio nudo, vediamo una luna perfettamente tonda ed anche per il sole è così. Vediamo tutt'al più delle macchie irregolari, ma non ci rendiamo conto delle asperità del suolo.

Ora considero la terra in cui vivo. Le cose che vedo, sia le naturali, che quelle fabbricate dall'uomo, hanno forme diverse: alberi e case, monti e automobili ecc. Mi trovo in una determinata dimensione. Quella in cui vivo, che agisce sui miei sensi, che perciò potrei chiamare la dimensione mia, in cui la cose hanno diverse forme. E' la varietà del reale che non svela nulla della natura del moto degli atomi che la compongono, così come del resto il nucleo e gli elettroni non svelano nulla della natura delle loro componenti. Andando avanti così la materia rischierebbe di svanire in un moto puro e invisibile.

La realtà sembra così potersi scindere in varie dimensioni, ognuna delle quali ha una materia e un moto. L'uomo, così come tutte le cose della terra non è né l'una, né l'altro. Egli non è un corpo che si muove attorno ad un nucleo e tanto meno è il suo moto. Egli, come tutte le cose del mondo, è una parte del corpo che costituisce una delle unità del sistema: il pianeta terra.

Potremmo definire come unità dello stesso tipo, anche se appartenenti a dimensioni diverse, l'elettrone, l'atomo, il sistema solare. Tutte queste unità hanno in comune il fatto di appartenere allo stesso tipo di sistema e quindi di girare attorno ad un nucleo centrale. L'uomo è una parte dell'unità pianeta. Questa è la sua dimensione. Egli non partecipa direttamente al moto generale dei corpi attorno ad altri nuclei, ma, all'interno della sua unità, può muoversi liberamente.

Così tutti gli animali e le piante della terra hanno, oltre al moto generale dell'universo, cui partecipano, anche un moto proprio generato dall'energia che proviene dal sole. Questo moto di altra natura è la vita.

Se ci si chiede che cosa abbia in comune l'uomo con il resto della materia, la risposta è: la materia, cioè il fatto di essere costituito di atomi come tutto, ma non il moto che nell'uomo è una cosa del tutto speciale, dipendente da condizioni particolari e possibile solo fin tanto che il sole darà la sua energia. L'acqua, la terra, l'aria in qualunque stato essi si trovino, partecipano al moto della materia, ma quale natura ha questo moto? Se, infatti, è possibile risalire all'origine del "moto-vita", trovandola nel sole, dove si trova l'origine del moto che caratterizza tutte le unità della materia? Da dove traggono la forza di muoversi gli elettroni e gli atomi e così via fino forse alle galassie?

Premesso che avere trovato la domanda ha già costato una fatica notevolissima, forse ai limiti delle mie capacità, trovare anche una risposta mi appare subito un'utopia e mi arrendo senza però sensazioni di sconfitta o frustrazione. Si potrebbe, infatti, procedendo per analogia, ipotizzare l'esistenza di un nucleo dalle dimensioni impensabili che tiene legate a sé tutte le galassie dell'universo, ma che cosa sarebbe poi di questo ulteriore super-sistema che darebbe un ordine ai sistemi più grandi che l'uomo percepisce finora e che sono appunto le galassie? Al di là di esso, proprio, l'uomo non potrebbe andare a meno di non riuscire un giorno a raggiungere i margini di tale super-sistema che sarebbe l'universo - ora non più come concetto di una totalità assoluta, ma come entità limitata - e di rendersi conto, da quel punto, di quale forma esso abbia e del fatto che tutt’intorno ne esistono altri. Sarebbe però come se un atomo intelligente, che sa cioè di esistere, del mio corpo, mettiamo del midollo di una gamba, fosse riuscito a capire come funziona la natura del suo ambiente e si chiedesse ad un certo punto: e poi? Che cosa c'è di là? "Egli" non potrebbe mai immaginare la forma della gamba e tanto meno del corpo cui essa appartiene. Io uomo so come sono fatto, ma se alzo lo sguardo al cielo, mi sento come quell'atomo che ha avuto la sventura di capire troppo.

Facendo ora un salto tematico e considerando alcune delle situazioni limite che la mente umana si sia immaginata, esse mi sembrano simboli di quel confine oltre cui l'uomo non può andare: le colonne d'Ercole per la mitologia greca, il regno di Thule per quella romana, l'albero del sapere per quella cristiana. Tutte dimensioni considerate come piene di insidie, di pericoli mortali cui l'uomo difficilmente potrebbe sfuggire. Limiti che se oltrepassati non è più possibile ripercorrere a ritroso, ma che aprono la strada ad un viaggio nell'incognito e impossibile da prestabilire.

L'altra questione, che incalza ancora di più di questa della forma e della dimensione, rimarrebbe comunque insoluta. E’ quella dell'origine della forza che genera il moto delle unità, da quella più piccola alla più grande.

Lo spazio si aggrega ora come altro punto della mia ricerca impossibile. Affrontata di petto anche questa questione, essa potrebbe esprimersi con la domanda tanto semplice quanto sconcertante: che cos'è lo spazio? Che cos'è questa cosa invisibile come l'aria pura dopo un temporale, nella quale parrebbe di poter fluttuare all'infinito in una stessa direzione?

Considerando la natura del reale, ho, infatti, parlato di materia e di moto. Ora si aggiunge un terzo elemento che è lo spazio. La materia, per muoversi, ha bisogno di spazio. Se esso facesse parte - faccio un'ipotesi - dello stesso sistema, cioè se anch'esso fosse una componente del sistema e condividesse la natura delle sue parti, allora anch'esso dovrebbe avere dei limiti. Io come uomo e quindi come materia che si muove con un moto diverso da quello dell'universo e in apparenza libero, ma in realtà limitato dalla durata del sole, ho la tendenza a considerare anche lo spazio in cui si muove la materia dell'universo non dotata di vita, della stessa natura dello spazio in cui mi muovo io, in apparenza senza limiti e libero. Ma così come la materia e il moto della materia al di fuori della vita è di altra natura, così presumo essere di altra natura anche lo spazio. Esso non è una cosa estranea alla materia e al moto, una cosa altra ed esistente a prescindere da ciò che in esso avviene, ma è parte del sistema, esistente nella misura in cui esiste la materia e il moto. Per quanto possa essere doloroso ed inimmaginabile per me, io non posso andare senza limiti nello spazio e il solo pensarlo è assurdo, perché io sono di altra natura, il mio moto è di altra natura, il mio spazio è di altra natura, la mia materia è di altra natura. Lo spazio in cui si muovono gli atomi, i pianeti, le stelle, le galassie è determinato dal moto stesso. Lo spazio non è dunque una cosa generalmente infinita, ma parte di un sistema e quindi, come le altre componenti del sistema, esso è legato a leggi che lo definiscono.

Le tre questioni che riguardano la materia, il moto e lo spazio sono altrettanto insolubili per la mia mente quanto la quarta questione che riguarda l'origine del moto, la fonte dell'energia.

Questa impossibilità a rispondere dipende probabilmente dal fatto che io non posso che partire sempre da punti di vista legati alla mia natura di uomo e quindi di materia, moto, spazio ed energia in apparenza liberi ed illimitati, ma in realtà chiusi entro confini invalicabili.

Non si pensi che dietro la mia assenza di risposte e dietro la constatazione di elementi eterogenei alla natura della vita terrestre vi sia una fede o una speranza nell'esistenza di un'entità divina. La sola parola dio e l'aggettivo divino non fanno parte del mio pensiero né in modo positivo, né in modo negativo. La questione legata al dio non è se un dio ci sia o non ci sia. Nel mio pensiero manca la questione stessa.

La natura del moto, che chiamo vita, è una natura finita, prima e dopo di essa non se ne trova alcuna traccia. Io posso parlarne perché ne faccio parte ed ho uno strumento che mi permette di descriverla, ma se anche io non avessi potuto capire questo fenomeno, esso sarebbe stato ugualmente, sarebbe cominciato e finito allo stesso modo. Infatti, io sono convinto di poterlo capire, modificare, forse anche distruggere, ma che non ne potrei cambiare la natura che è quella di essere legata ad un inizio e ad una fine.

Sulle questioni trattate precedentemente non ho dubbi. Quelle domande senza risposta sono, infatti, certezze. Dubbi emergerebbero solo da eventuali tentativi di rispondere.

Il problema, che ora pongo, può sollevare al contrario molte contraddizioni già in me e a maggior ragione quindi in altri soggetti. La questione è la seguente: esistono delle relazioni fra la materia, il moto, lo spazio e l'energia dei corpi diciamo vitali e quelli, altri, che chiameremo d'ora in poi universali?

a) La materia dei corpi vitali e universali

La materia in qualsiasi forma e aggregato essa si presenti, è sempre fatta fondamentalmente delle stesse unità di base: atomi combinati in diverse formazioni. Io considererei l'atomo come l'unità della materia più piccola e la galassia come quella più grande. Al di sotto e al di sopra di questi limiti l'uomo può difficilmente andare, ma non è mia intenzione qui stabilire i limiti della conoscenza umana.

b) Il moto dei corpi vitali e universali

Questa caratteristica della materia è determinante per definire delle differenze, ma forse anche delle relazioni fra la dimensione vitale e quella universale.

Come abbiamo visto i corpi universali sono dotati di moto sempre uguale a sé stesso, analogo per tutti e infinito; i corpi vitali possono muoversi a loro volontà nello spazio, ma solo entro certi limiti, il loro moto come ha un inizio, così ha una fine. La limitatezza è intrinseca ai corpi vitali, fa parte per così dire della loro natura. D'altra parte però anche i corpi vitali sono formati da atomi e quindi da corpi universali dotati di moto eterno. Ciò non significa che i corpi vitali partecipino in quanto tali al moto e quindi alla natura senza limiti temporali - in essi il tempo non esiste - dei corpi universali. Infatti, l'esistenza dei corpi vitali, il loro moto finito, che abbiamo chiamato vita, è come un supplemento di moto che i corpi universali, aggregati in una certa maniera e in certe condizioni ambientali, possono avere. Un moto non ha nulla a che fare con l'altro. Noi esseri umani abbiamo la eccezionale capacità di renderci conto dell'esistenza di questo moto altro, possiamo guardarlo, pensarlo, sognarlo nostro, ma ciò non è possibile.

Tuttavia nei corpi vitali questi due movimenti, pur restando indipendenti, sono estremamente vicini, si toccano per così dire, ed io ritengo che questo connubio, questa presenza di moto infinito nei corpi vitali, sia la ragione occulta di molti fenomeni inspiegabili.

Definisco questa ragione "occulta" perché la fisica non è riuscita ad andare così a fondo nell'analisi dell'atomo, da stabilire con certezza in quale relazione gli atomi stiano fra di loro, con quale intensità gli atomi tengano legate a sé le loro particelle, con quale libertà invece esse si muovano nello spazio e interferiscano fra di loro. Io ipotizzo delle interferenze fra gli atomi che fanno si allora che i corpi vitali non siano totalmente isolati fisicamente gli uni dagli altri, ma si intersechino, si mescolino parzialmente grazie all'esuberanza di certe particelle atomiche. Due corpi vitali possono dunque apparire epidermicamente separati, mentre i loro atomi interagiscono fra di loro.

Lascio ora alla fantasia di ognuno il compito di trovare esempi che confortino l'ipotesi di tali interferenze. Sono sicuro che si potrebbero riempire pagine all'infinito. Già in passato l'uomo si è reso conto di legami intrinseci fra i corpi vitali, notando in particolare quelli che interessavano gli esseri umani.

Notissimo è il mito, riferito da Platone nel Convito, dell'ermafrodito diviso in due da Giove "come si divide un uovo col crine". Le due parti risultanti dall'operazione del dio si cercano così sentendo un'attrazione irresistibile nel momento in cui si trovano.

Note sono anche tutte le teorie relative all'innamoramento in voga nel medioevo e alla base ancora della poesia d'amore dello stilnovo. Si cantavano fluidi potentissimi che, uscendo dagli occhi come dardi, si dirigevano verso altri soggetti ed entravano in loro sempre attraverso gli occhi, raggiungendo dal di li il cuore ed innamorandolo.

Esemplare è il sonetto di Cavalcanti che qui propongo:

 

Voi che per li occhi mi passaste 'l core

e destaste la mia mente che dormia,

guardate a l'angosciosa vita mia,

che sospirando la distrugge Amore.

 

E' vèn tagliando di sì gran valore,

che' deboletti spiriti van via:

riman figura sol en segnoria

e voce alquanta, che parla dolore.

 

Questa vertù d'amor che m'ha disfatto

da' vostr' occhi gentil' presta si mosse:

un dardo mi gittò dentro dal fianco.

 

Si giunse ritto 'l colpo al primo tratto,

che l'anima tremando si riscosse

veggendo morto 'l cor nel lato manco.

 

Questo connubio fra moto finito dei corpi vitali e moto infinito dei corpi universali comincia e finisce con la vita e del moto di essa e quindi delle sue caratteristiche non rimane nulla nel moto infinito dei corpi universali, i quali per così dire "non si accorgono" di quel loro partecipare a un moto di altra natura.

E' necessario fare una distinzione ulteriore. La materia che esce incandescente da un vulcano o che si alza per migliaia di chilometri dal sole in seguito alle esplosioni nucleari che vi avvengono, la polvere mossa dal vento e le onde del mare, tutti questi moti, pur essendo anch'essi finiti tuttavia non sono vita. Questa distinzione fra moto finito vitale e moto finito non vitale si chiarirà affrontando il tema dell'energia.

c) L'energia dei corpi vitali e universali

Se attraverso l'analisi del moto dei corpi universali e vitali si è giunti a trovare un’interferenza fra di essi, il tema dell'energia ci aiuta da una parte a distinguere fenomeni vitali e universali, dall'altra è anch'essa alla base di contatti fra ambiti eterogenei del reale.

Trattando del moto dei corpi universali, abbiamo detto che sua peculiarità è quella della rotazione attorno ad un corpo centrale di massa tale da tenere legati a sé altri corpi e abbiamo visto come il moto dei corpi vitali sia di diversa natura. Ciò che distingue corpi universali e vitali è anche il tipo di energia. Dell'origine e dell'energia che permette il moto universale degli elettroni attorno all'atomo, dei pianeti attorno alle stelle e così via non si sa nulla.

Le galassie si muovono attorno ad un'asse e forse c'è anche uno o diversi sistemi di galassie a costituire uno o diversi universi, ma da dove provenga l'energia necessaria a tale movimento, ammesso che fra energia e movimento ci debba essere necessariamente un rapporto o proprio quello che conosciamo noi esseri umani, non è possibile sapere.

L'energia che invece genera il moto dei corpi vitali è individuabile e proviene dal sole. Anch'essa, come tutte le cose che fanno parte dei corpi vitali, è limitata e forse per questo comprensibile. L'energia solare, combinata ad un ambiente adatto, ha generato reazioni chimiche che sono alla base del moto vitale che ha un carattere particolare rispetto al moto universale. C'è poi un moto, anch'esso diverso da quello gravitazionale, che è quello delle acque, delle lave, dell'aria ecc., ma che non è neppure vitale. Esso dovrà considerarsi come forza di reazione fisica al moto universale e quindi ad esso legato.

L'essere umano di fronte per esempio alle onde del mare si trova al cospetto di un moto riflesso del moto universale e quindi a lui eterogeneo, così è anche per il vento, per gli uragani, per i fulmini, per il tuono.

I corpi vitali, essendo costituiti da atomi che si muovono anche essi, come tutti i corpi universali, grazie all'energia che chiameremo universale, avranno in sé allora una componente di tale energia dall'ignota origine.

Se mi è consentito ora un passo che riconosco piuttosto ardito, io ipotizzerei l'origine di certe sensazioni, inspiegabili logicamente, di legame intrinseco con i fenomeni "naturali", di nostalgia di fronte all'universo, nell'affinità fra le energie universali dei nostri atomi con quelle dei fenomeni del mondo circostante.

Questa ipotesi non toglie nulla al fascino arcano e illimitato di certe manifestazioni artistiche umane, che sembrano avere in sé qualcosa di inspiegabilmente diverso dai normali valori comunicativi.

E' quasi inevitabile ora individuare in questa componente universale della costituzione dei corpi vitali e quindi anche dell'uomo, la sensazione della presenza di qualcosa di metafisico nella vita, che è stata chiamata con vari nomi: idea, uno, essenza, assoluto, totalità, ecc. Rilevarne la presenza, descriverla, indagarne gli influssi è tutto ciò che l'uomo può fare. Descrivere l'origine di tale energia sarebbe come individuare, comprendere l'origine del moto dei corpi universali, cosa che è impossibile all'uomo.

d) Lo spazio dei corpi vitali e universali

I corpi vitali possono spostarsi a piacere, secondo la loro volontà, nell'ambito dello spazio della terra, che chiamiamo spazio vitale.

Anche l'uomo può farlo, essendo corpo vitale e, astraendo, egli immagina di potere fare lo stesso nell'universo. Ma come quella della materia, del moto e dell'energia, così anche la natura dello spazio universale è altra.

I corpi universali, nei loro moti attorno ad un fulcro, individuano uno spazio preciso. Ogni spazio sembra inserito in quello del sistema maggiore, la cui natura è uguale. Io ipotizzo quindi non uno spazio unico in cui tutti i corpi si muoverebbero, ma tanti spazi quanti sono i sistemi.

Se un uomo partisse su una navicella spaziale con l'intenzione di andare in capo all'universo egli finirebbe per inserirsi in un moto alieno, a lui ignoto e finirebbe come uno che cercando l'orientamento nel deserto finisce per trovarsi, dopo tanto camminare, al punto di partenza. L'uomo sperimenterebbe i suoi limiti senza comprenderli. Come per le altre caratteristiche anche per quanto riguarda lo spazio, i corpi, in quanto composti da atomi, partecipano in parte alla dimensione universale, che possono percepire, ma non comprendere. Su questo pianeta certi corpi universali si sono aggregati generando corpi dalla natura eterogenea: i corpi vitali.

Il corpo vitale uomo, grazie alla sua intelligenza, si può porre la domanda: "Chi sono"? Le sue facoltà non sono però sufficienti o forse adatte a darvi una risposta definitiva.

Karlsruhe, 15 Gennaio 2001

 


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