Nella crescita di importanza del contesto si possono ravvisare i segni di una sparizione o anche diffusione dell'arte, preannunciata da una linea dell'avanguardia storica e dal pensiero hegheliano, interpretata da Argan più che come morte, in quanto cambiamento relativo al sociale che, dalla rivoluzione industriale in poi, si determina a seguito di contaminazioni e innovazioni nelle tecniche e in metodologie operative eticamente corrette.
L'avvento delle nuove tecnologie presenta aspetti complessi che si estendono nei vari campi speculativi, operativi nonché esistenziali, collettivi e individuali, psicologici e fattuali dell'umano in senso ampio in cui rientra naturalmente anche l'arte e il suo sistema, in vista di una riconfigurazione a fronte, prima di tutto, di un'identità nuova, disseminata e proteiforme da vagliarsi mediante un approccio sinestetico e polisensoriale, fuori dai netti confini tra discipline, il cui riconoscimento inoltre riempirebbe il vuoto che tutti lamentiamo tra competenze e contenuti.
È proprio la contestualizzazione dell'arte, cioè l'interazione con i vari mondi con cui rapportandosi "vive" un processo che è emblematicamente rappresentato dall'opera multimediale e tecnologica. «Nella crescita di importanza del contesto» scrive P.L.Capucci, ci sono in nuce tutti i presupposti della cosiddetta morte dell'arte, intendendo evidentemente un'idea di arte secondo i canoni tradizionali, quella che ad esempio Baudelaire vedeva minacciata dall'avvento della fotografia, e che certa critica vede oggi sotto la spada di Damocle della vocazione sociale e comunicativa, della dimensione processuale, dell'ampiezza di approccio delle nuove tecnologie nella loro potenzialità creativa, dove la contestualizzazione limita anche progressivamente l'importanza oggettuale dell'opera.
La tendenza a darsi come evento e processo, tipica dell'opera tecnologica, trasferendosi spesso in un codice riproducibile, in un assunto tendente alla smaterializzazione che vive grazie a una logica di continua trasformabilità rispetto all'ambiente, è in realtà una forma espressiva dilatata ed estremamente fluida, densa di interfacce che convivono dietro una porta piuttosto invitante e familiare, che cela un intreccio di piani e significati che, in quanto tale, rappresenta una opportunità e una sfida verso il cambiamento, nella possibilità inoltre di riconfigurare un sistema nelle sue modalità e nei contenuti che dovrebbe accettare il rischio di rimettersi totalmente in gioco.
L'ipotesi di un'arte contestuale che, attraverso una sua sostanziale immaterialità occupa anche spazi diversi di fruizione, estendendo così i propri confini fino a mimetizzarsi o a inglobare il reale stesso, risale ai futuristi e a Duchamp, vivendo il suo clou nelle ipotesi concettuali e comportamentali degli anni '60 e '70 elaborate anche in ambito filmografico e performativo sonoro e musicale: l'intermedialità e la sintesi delle arti, infatti è stata una delle più energiche spinte della prima e della seconda avanguardia per un'estetica della comunicazione transculturale e transdisciplinare.
Una smaterializzazione come luogo della funzione polisensoriale e della fruizione attiva e sinergica, che dall'utopia novecentesca dell'opera d'arte totale, arriva in più punti a coincidere con la realtà virtuale e con altre ipotesi di sperimentazione artistica come la Web art, l'High technology art, Technoscience art, e altre opere aperte, immaginate già da un grande teorico della "leggerezza" come Valery: «Come l'acqua, il gas o la corrente elettrica entrano grazie ad uno sforzo quasi nullo, provenienti da lontano, nelle nostre abitazioni per rispondere ai nostri bisogni, così saremo approvvigionati di immagini e di sequenze di suoni che si manifestano a un piccolo gesto, quasi un segno, e poi subito ci lasciano».
Un sogno ad occhi aperti che oggi è realizzabile attraverso gli scenari immaginifici e riflettenti delle nuove tecnologie che proprio grazie a quella dimensione fluida e ambientale in cui lo spettatore è un soggetto che si misura con un nuovo mondo aurorale da vedere, ascoltare, esperire con curiosità, discernimento e passione, creano un modello di universo irrorato da continui scambi fra reale e virtuale, naturale e artificiale, senza più dicotomie, per cui l'opera diventa espressione dell'arte allo stato puro, in una sorta di teatro della visione, come ci indicano alcuni esempi di videoistallazione fino ad arrivare alle esperienze più radicali sperimentate con eclettismo linguistico e mediante un uso libero di tecnologie e tecniche digitali che invadono la quarta dimensione, lo spazio e il tempo di Internet e della comunicazione telematica in continua crescita ed evoluzione, usata dagli autori in senso alternativo, grazie anche ad una sua versatilità.
Sono esperienze che, se giocate sul piano autentico dei contenuti, coniugano e sviluppano una sinergia tra tecnica, teoria, etica, conoscenza ed esperienza, innescando una dialettica tra campi del sapere e discipline operative per un tipo di progettualità che nasce da un presente proiettato verso un futuro che già si sta aprendo sotto i nostri occhi, dove i "confini" sono passaggi mobili tra culture, poetiche, etnie, identità che fanno intravedere il possibile domani dell'esperienza estetica in eventi estesi che restituiscano consapevolezza critica e inducano tutti all'utilizzo della propria personale creatività.
Purtuttavia le tecniche tradizionali non vengono affatto soppiantate, quantomeno fino a oggi, dal digitale, lo schermo catodico non ha sostituito la tela, come invece auspicava Nam June Paik, ma è interessante notare come la tecnologia digitale determinando una profonda influenza sull'orientamento delle correnti artistiche, favorisca anche una serie di spostamenti della pittura stessa, che a sua volta nutre molte esperienze che hanno a che fare con le nuove tecnologie sottratte, ovviamente, dal contesto tecnocratico e massificante.
Questo avviene grazie a un rapporto strutturale classico che sussiste in genere tra due sistemi, che può definirsi come una sorta di coevoluzione, una dialettica di trasformazione reciproca, presente anche negli stadi dell'esistenza, fautore di varie convergenze e contaminazioni di generi espressivi coinvolti in uno sviluppo comune. Negli attuali fenomeni di ibridazione linguistica l'immagine si apre verso esiti inediti, contaminata o fusa con un'altra, secondo un procedimento che, procedendo dall'interno interviene in un certo senso sul codice genetico dell'istanza visuale, come avviene nella pittura digitale e, per un altro verso, nella pittura tecnologica.
La tecnica riassume qui tutta l'emblematicità del processo costitutivo dell'immagine, iconica o aniconica che sia, consustanziale al mezzo o ai mezzi con cui viene espressa, che apre nuovi territori del visivo e dell'immaginario.
Il fenomeno dell'ibridazione linguistica, che si avvale di una dinamica produttiva tra universo artistico e universo della comunicazione, conferma come attualmente la ricerca artistica e le sue tecniche espressive possano essere un qualcosa di estremamente articolato e duttile, sul tema di una nuova, appassionante funzione dell'arte, che sulla scorta degli impulsi del secolo scorso possa nel nuovo millennio trasformare la realtà assecondando pulsioni vitali e positive, in una rinnovata capacità di consapevolezza come potere di trasformazione dell'individuo.
Oltre il fatto che l'arte, di qualunque mezzo si serva, incarna la creazione, la riflessione e la coscienza, quando la verità dell'opera si fa evento globale, in grado di estendere la propria valenza a scala planetaria, si riappropria anche di un sostanziale slancio mitico, come nel caso delle ipotesi di Roy Ascott, uno dei protagonisti più radicali della Web art, e delle azioni a base oggettuale, come «Le socle du monde», che fiancheggiavano la ricerca estrema sulla pittura di Piero Manzoni. Uno che sull'arte aveva puntato tutta la propria vita.