di Caterina Falomo
Che cosa è stato l'11 settembre? Cos'è successo nel mondo e quali risvolti ha avuto sulla vita di ciascun abitante della terra? Se lo sono chiesti alcuni dei più grandi registi dei nostri tempi che hanno realizzato ognuno un filmato di 11 minuti, 9 secondi e 1 fotogramma. E le polemiche non sono mancate: il film è stato accusato di essere anti-americano. Critiche che però non sono state recepite dal primo pubblico nelle sale della 59° Mostra del Cinema di Venezia, il quale ha risposto con applausi alla fine di ogni singola interpretazione.
E tra tanti film che si sono visti in questa rassegna, tutti ossessionati dalla ricerca di una storia da raccontare, di trasmettere, attraverso immagini e suoni, sensazioni ed emozioni, di portare un contributo personale alla narrazione, qui è la storia con la esse maiuscola a imporsi spietatamente agli occhi del mondo e alle coscienze di tutti, tormentandoci con interrogativi dalle pallide e inutili risposte. Inutili perché da qualunque punto si voglia osservare la tragedia, l'evento si è compiuto e da allora nessuno è stato più lo stesso. Un po' alla volta le immagini che hanno terrorizzato il mondo e ammutolito le coscienze hanno dapprima colpito la nostra retina di telespettatori impreparati, poi in un vortice di informazione sono diventate parole e parole e ancora parole, domande, questioni, dibattiti, montaggi e interviste, tutti volti a cercare una verità che però non ci avrebbe salvato. E se chiudiamo gli occhi abbiamo ancora davanti a noi le immagini delle ruspe che scavano, le candele del ricordo e della preghiera, accese nel segno della speranza tra le lacrime e le urla e i tragici numeri dei morti (almeno 2800) che crescono nellincertezza e nella paura.
Ed eccoli lì i media, il mondo degli operatori dell'informazione che si mettono a raccontare, a descrivere, a interrogare (interrogarsi-interrogarci), a guardare con l'occhio della telecamera, a registrare suoni, lamenti, tormenti, filmando ore di interminabile angoscia e a fotografare durante e dopo l'evento. E grazie al mondo mediatico le immagini e le informazioni rimbalzano in ogni angolo della terra e ci ritroviamo tutti nella condizione di spettatori. E le immagini alimentano immagini e si entra in un vortice visivo che stordisce e annienta ogni movimento dellintelletto, perché dopo tanto "vedere", quanto spazio può rimanere allinterpretazione, che cosa possiamo ancora dire dopo che la cruda visione ci ha shockato e stordito?
Eppure, a un anno dall'attentato alle torri gemelle, ancora una volta si cerca di capire ed è questo il tentativo e l'obiettivo del collage di microcosmi presentati nel film 11 settembre 2001, voluto e pensato dal produttore francese Alain Brigand. Completa libertà di espressione: ad ogni regista è stata lasciata la più totale libertà di raccontare il proprio punto di vista, una storia nella storia. Eccoli in sintesi:
Samira Makhmalbaf. In un campo di profughi afghano al confine con l'Iran, una giovane maestra tanta di riportare i bambini a scuola. Lì li interroga per capire se sanno che cosa è successo in quel giorno ma nessuno di loro sa nulla. Allora la maestra li informa della tragedia americana e chiede un minuto di silenzio. I bambini si interrogano se è stato Dio o no ad aver voluto quel disastro.
Claude Lelouch. Una donna sordomuta vive con un accompagnatore turistico in un appartamento vicino alle torri gemelle. Si mettono a discutere e quando lui esce per andare a lavorare, lei rimane al computer e scrive una lettera al suo compagno per lasciarlo, prima di essere lasciata a sua volta. Intanto la tv trasmette le immagini delle torri in fiamme ma la donna non sente i rumori e non si accorge dell'accaduto. Lui apre la porta, è pieno di polvere ma vivo e si abbracciano.
Youssef Chahine. Un regista egiziano torna in patria dopo essere stato a New York l11 settembre. Si allontana da solo su una spiaggia, dove incontra il fantasma di un marine americano morto a Beirut, pochi giorni dopo essersi innamorato di una libanese Tra i due inizierà un confronto che porterà il regista a fare l'elenco di tutti i crimini di guerra commessi dagli Usa, milioni di morti in difesa di una democrazia che altri non giudicano tale e costruita sul sangue di altri popoli e di altre culture.
Danis Tanovic. Le donne di Srbrenica ogni 11 settembre scendono in piazza per ricordare la strage del 1995 (anche allora, un 11 settembre) ma in quel giorno del 2001 si fermano ad ascoltare alla radio i fatti di New York. Alcune di loro decidono che forse, quel giorno, non è il caso di manifestare. Ma una di loro si alzerà in piedi, dicendo alle altre "Oggi manifestiamo per noi e per loro".. Dopo una prima esitazione, le altre donne decideranno di seguirla in piazza.
Idrissa Ouedraogo. In un mercato della città del Burkina Faso, in molti ascoltano la notizia alla radio. Un bambino sta cercando i soldi per comprarsi i quaderni per andare a scuola, ma qualcuno gli dice di raggiungere la madre che sta molto male. Per comprare le medicine alla madre, malata di aids, il bambino decide di iniziare a lavorare. Diffonde giornali e un giorno legge della taglia messa sulla testa di Bin Laden. E' convinto di averlo visto al mercato e convince un gruppo di amici ad aiutarlo nella cattura del terrorista. Bin Laden, per lui, potrebbe essere la salvezza.
Alejandro Gonzales Inarritu. Il regista presenta schermo nero e audio di strada, quello registrato sotto le torri al momento dello schianto. A tratti, per microsecondi, dal nero appaiono le immagini di corpi che si lanciano dalle finestre poi, di nuovo il buio e le voci. Alla fine, sullo schermo appare la scritta su uno sfondo bianco accecante: "Ma la luce di Dio ci guida o ci abbaglia?".
Ken Loach. Un cileno scrive una lettera ai parenti della vittime dell11 settembre e ricorda che anche lui ha perso molte persone, l'11 settembre del 1973. Era anche allora un martedì, quando i militari appoggiati dagli Stati Uniti presero la Moneda e uccisero il presidente Allende. L'uomo ricorda le speranze della nuova democrazia e di come questa sia stata soffocata dall'amministrazione americana. E i morti allora furono trentamila morti. E mentre Kissinger stringe la mano a Pinochet le immagini si alternano a Bush che dichiara dopo l'attentato, che farà di tutto per salvare la libertà e la democrazia nel mondo.
Amos Gitai. Strade di Gerusalemme: attentato a Tel Aviv con unautobomba. Una giornalista tenta disperatamente di mettersi in contatto con la sua redazione, ma gli dicono che il suo servizio non andrà in onda, l'intero spazio è occupato da New York.
Mira Nair. E la storia vera di una famiglia indiana che, sotto le torri, ha perso un figlio. Dapprima accusato di essere uno dei terroristi, si scoprirà dopo un mese che invece era stato un eroe e che aveva salvato molte persone.
Sean Penn. Un pensionato vive in buia casa di Manhattan. Sua moglie è morta ma lui non ha ancora accettato la perdita. Mentre le torri crollano, la luce torna a filtrare dalle sue finestre e fa rifiorire una piantina sulla finestra. La luce fortissima desterà l'uomo dal buio della sua coscienza e finalmente piangerà la morte della moglie.
Shohei Imamura. Un soldato giapponese torna a casa dopo essere stato a Hiroshima, ma non è più lo stesso ed è convinto di essere un serpente. La famiglia lo rinchiude in una gabbia ma un giorno lui fugge. Sulla riva di un fiume lo incontra una donna che gli chiede se non vuole più tornare a comportarsi come un essere umano. L'uomo non risponde e, strisciando, entra nell'acqua.
L'arte cinematografica dunque al servizio della storia, perché l'11 settembre c'è stato ovunque, per tutti e anche in diversi momenti della storia. E le polemiche? Perché le polemiche? Perché voler sempre fare una polemica di ogni cosa? Come ha detto Claude Lelouch alla conferenza stampa: "Ho cercato di sottolineare il fatto che queste cose vanno al di là della politica. Quello che succede, quello che facciamo continua a ripetersi nella storia. L'uomo ha utilizzato Dio per le proprie azioni. Cosa stiamo facendo con quella luce che ci dovrebbe guidare e invece ci acceca? Io ho voluto far vedere la storia di chi poteva non sapere che cos'era successo, perché la storia di ciascuno di noi è più importante di quella del mondo e la fine di una storia d'amore è la fine del mondo, fa soffrire".
Punti di vista dunque, che non chiedono se non lo spazio e il tempo di esistere e non importa se si tratta di drammi che hanno segnato la storia o di drammi personali perché fanno tutti parte del nostro "sentire", del nostro far parte della storia, noi microcosmi nel macrocosmo della storia.
Venezia, 11 Settembre 2002