La Critica

Karl Jaspers, Psicologia delle visioni del mondo

Letture di Maurizio Grilli


:: Terza lettura

 

All'inizio c'è l'immediatezza ancora senza fratture, segue poi la mediazione attraverso la divisione, infine l'immediatezza mediata. Il "giusto", valido in assoluto, delle forme trascendentali é contemporaneamente il senza tempo. È relativamente insignificante per l'esistenza come lo è la conoscenza matematica. Tutta l'esistenza ha carattere di contenuto[1], è concreta, e tutta la visione del mondo che le è conforme, lo è altrettanto

[...]

L'uomo è nel tempo. Non è il senza tempo, allo stesso modo egli non è l'intero e l'assoluto dell'Esserci, ma solo in relazione con esso.

[...]

Tutto ciò che diventa esteriore, diventa, non appena nel tempo, a sua volta di nuovo relativo. In ultima istanza abbiamo le forze e le idee. Non potremo mai circoscriverle, ma solo tendervi. Ciò che di esse sappiamo e diciamo è quindi esteriore. Esse stesse, come cose estreme, potrebbero essere definite come l'assoluto (anche se solo nell'ambito dell'osservazione), esse sono la vita stessa, che non si esterna, non si oggettivizza mai del tutto, anche se vi tende sempre.

L'ultimo punto di vista mostra il rapporto soggetto-oggetto in movimento. Se si fissano singole forme, che assume il processo della visione del mondo in questo movimento, si ottengono stadi di sequenze di sviluppo.

 

A questo punto Jaspers fa un'osservazione di metodo fondamentale. Egli chiama il suo procedere sistematico: Entwicklungsreihen che ho tradotto con sequenze di sviluppo. Non si stabilisce un metodo una volta per tutte, ma si è disposti a trasformarlo in base alle esigenze della materia analizzata. Questo scongiura il pericolo che ad un certo punto sia il metodo e non più la materia a guidare il nostro procedere conoscitivo.

 

Una sequenza di sviluppo è fra gli ordini sistematici quello che ci sembra il migliore, perché allo stesso tempo [in cui è un sistema] sembra poterci insegnare la costituzione interna di un fatto reale. La ricerca empirica stabilisce prima una semplice sequenza e si chiede poi se in essa si possano ritrovare regolaritá interne e concepibili.

[...]

In ogni caso ci si trova subito in errore, se si prende uno schema di sviluppo per la legge dello sviluppo umano in assoluto. Ci sono molti schemi, ognuno dei quali insegna qualcosa. Nessuno e nemmeno tutti insieme spiegano del tutto l'insondablilità del reale.[2]

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Formiamo tre tipi di queste sequenze evidenti:

1. Multiformi processi della formazione e distruzione per opera di forze spirituali (nella terza parte del libro), come per esempio i processi che portano al nichilismo.

[...]

di questi non parliamo qui oltre

2. Comuni forme di trasformazione dei corpi tipici della visione del mondo da un centro sostanziale al falso, alla formalizzazione e simili. Di questi si tratterà tra breve in un capitolo a parte.

3. L'ordine dialettico dei concetti, sui quali si dica già a questo punto ciò che segue: l'indice di questo libro mostra a prima vista molte divisioni a tre.

[...]

Questi rapporti delle tre parti non sono sequenze di sviluppo del tipo che si comincia con la prima parte, la tesi, e si finisce con la sintesi. Piuttosto è un girare intorno ad un tutto, che viene compreso dapprima attraverso contraddizioni e poi direttamente.

[...]

Si tratta solo di un ordine di concetti, peraltro basati su un'evidenza che si pone al centro, così che l'ordine non è solamente esteriore, senza d'altra parte dire la benchè minima verità sui processi reali. Si tratta di smontaggi di un intero, del quale parliamo in successione, poichè non si può dire tutto in una volta. La terza parte è di volta in volta il centro, il totale, e anche la cosa più incomprensibile, dalla quale sono derivate le prime forme nelle quali esso si differenzia e si concretizza.[3]

[...]

L'ordine dialettico [...] è un sistema del sistematico, un sistema, che riesce in continuazione a trasformarsi e a dissolversi. Solo non si deve credere che l'ordine dialettico sia più di quello che è; non si può far combinare ordine dialettico e fatti concretamente reali – anche se questi si toccano in singoli punti.

[...]

Se cerchiamo le possibilità di visione del mondo nell'esistenza umana, la nostra osservazione segue un percorso che di volta in volta ci mostra più forme in modo tale che attorno ad un centro evidente si raccolgono altre possibilità a lui affini, ma involute. Chiamiamo il rispettivo centro la visione del mondo "sostanziale"; attorno a questa sostanza si raccolgono le "forme derivate".[4]

[...]

Sostanza, chiamata anche l'"essenziale", non è un concetto, ma un'idea. Sostanza non viene dimostrata, la sua presenza non viene affermata o negata attraverso una reazione dimostrativa. Essa non è in alcun luogo assolutamente presente e in nessun luogo la si può escludere con certezza. Essa è di volta in volta un "concetto limite" al di là del quale il sostanziale è ancora più in profondità forse per un'ulteriore visione. Se si vuole caratterizzare il sostanziale, esso è l'unitario all'opposto del diffuso e del molteplice; l'intero in opposizione allo scisso in modo contraddittorio; l'infinito o da ogni parte chiuso in se in opposizione al senza fine[5], caotico; il compiuto in opposizione al vuoto e parziale; l'evidente e il concreto in massima misura in opposizione al formale e astratto; il profondo in opposizione al superficiale; l'effettivo e formante in opposizione al momentaneo, fuggevole, effimero; l'estremo, esistente in sé in opposizione al dipendente ed esistente attraverso altro. Tutte queste parole lasciano il significato del sostanziale in bilico fra un metafisicamente essenziale, un mero accento di valore e un’evidenza.

[…]

I nostri giudizi si fanno metafisici, dal momento in cui riteniamo di riconoscere la sostanza stessa, la sostanza una e assoluta. Psicologicamente parliamo però di sostanza sempre e solo relativamente: sostanziale in rapporto al meno sostanziale. Tutte le forme sostanziali che dobbiamo erigere non sono la sostanza stessa, ma il massimo del sostanziale relativo raggiunto attraverso molta evidenza, effetto ed energia nel tempo, sintesi degli opposti. Già il fatto che riusciamo solo a definire diverse sostanze e non la sostanza, dimostra che da una parte usiamo “sostanza” come idea di centrale, completo e intero e d’altra parte la usiamo come schema per i limiti delle nostre visioni e definizioni che di volta in volta raggiungiamo. Il sostanziale si chiama anche spirito o “vita”.[6]

[…]

La nostra struttura concettuale si fa più chiara, logica, comprensibile, molteplice di mano in mano che si passa dal sostanziale alle derivazioni.

 

Jaspers parlerà spesso di tipi che in quanto tali non esistono, perché gli uomini non hanno mai solo un tratto. Questi tipi sono per così dire le componenti di combinazioni senza fine negli individui.

 

Ci si può limitare a collezionare catalogare – senza fine – solo queste derivazioni, solo il razionalmente del tutto chiaro e molteplice.

[…]

Solo il particolare è riconosciuto in un senso strettamente scientifico. Ma è l’idea del tutto a costituire l’energia della ricerca scientifica e sviluppare le possibilità di un ordine intrinseco.

 

Un fenomeno lo si può calcolare e misurare senza fine. Si possono raccogliere dati senza fine, ma in questo modo non si raggiungerebbe mai un risultato, perché la ricerca non avrebbe un orientamento. Applicherebbe qua e là i suoi strumenti, senza mai raggiungere un obiettivo. Ma l’uomo non riconosce solo calcoli. Sa in un certo senso già prima della ricerca, in modo tale che questo sapere guida la sua ricerca, il suo calcolare. Jaspers chiama questo sapere precedente die Idee des Ganzen, l’idea del tutto, ed è subito consapevole che questo pensiero potrà essere frainteso. Si potrebbe intendere che l’idea del tutto guidi completamente la ricerca, mentre invece il tipo degli schemi viene come sempre determinato dalle cose stesse.

L’idea del tutto è una visione generale ed eterogenea che da una direzione alla ricerca, ma la lascia libera nel metodo. D’altra parte sarebbe impossibile determinare l’idea del tutto attraverso la ricerca. Scrive Jaspers a questo proposito:

 

questo pensiero fondamentale è forse il più indifeso, in ogni caso il più fraintendibile di tutto il nostro esperimento. Esso non è esponibile in un metodo chiaro, apprendibile, razionale, ma è solo un indicatore per la direzione del nostro osservare guidati dall’evidenza. Esso è in ogni caso particolare non una semplice applicazione, ma un invito ad una nuova conquista a partire dall’evidenza. Rimane sempre ambiguo e confuso. Perciò esso può essere indicato solo come direzione non come formula fissata in chiari concetti.[7]

 

Jaspers trova che le visioni del mondo si possono allontanare in quattro modi da quelle tipiche:

Falsità: quando lo sviluppo della visione del mondo non procede più autonomamente, ma secondo un modello.

Formalizzazione: quando non più un’idea, ma un criterio formale-logico guida lo sviluppo della visione del mondo.

Non-differenziazione: quando si rinuncia alla guida dell’idea per seguire lo sviluppo dei valori comuni.

Assolutizzazione isolante: quando si cerca di oggettivare, di pianificare, di spiegare assolutamente l’idea.

 

Il fenomeno primigenio della divisione soggetto-oggetto fa sembrare ovvio analizzare le visioni del mondo in successione dalla parte soggettiva alla parte oggettiva. Chiameremo i campi più definiti che ne risultano disposizioni (per il soggetto) e immagini del mondo (per l’oggetto).[8]

[…]

Dalle disposizioni alle immagini del mondo si compie il salto dal soggetto all’oggetto, dal comportamento soggettivo all’espressione oggettiva, dalla creatività soggettiva a quella determinata dall’esterno, dalla mera possibilità alla effettiva realizzazione nell’orizzonte della materialità.

 

Jaspers chiama Einstellung, disposizione, il contributo del soggettivo nella visione del mondo e Weltbild, immagine del mondo, il contributo dell’oggettivo. Le disposizioni sono il modo in cui l’uomo a partire da sé si pone nel mondo. Le immagini del mondo sono gli elementi del mondo che influiscono sull’uomo.

 

Per quanto nell’ambito della caratterizzazione delle immagini del mondo ci muoviamo fin dentro l’oggetto, in questo libro non lo facciamo mai a causa di questo oggetto, non per giudicarlo secondo verità, valore, giustizia, ma solo per ottenere un punto di vista dal quale tornare ad osservare il soggetto. Il soggetto che in se non è conoscibile si muove nell’oggettivo in tutte le direzioni, trovandolo, creandolo, formandolo. Mentre esso [il soggetto], facendo ciò, è rivolto solo all’oggetto in questione, questo oggetto ci offre l’opportunità di vedere una nuova espressione per la soggettività.

[…]

Se questo punto di vista del significato soggettivo (come espressione del soggetto o marchio distintivo per il soggetto) non guidasse la scelta, il risultato del tentativo di descrivere le immagini del mondo sarebbe di certo un insensato accumulo del dettaglio senza fine dei contenuti del pensare, credere e vedere umano.[9]

[…]

Ciononostante in questi capitoli non ci abbandonerà mai la sensazione, di non parlare ancora di quello che chiamiamo visione del mondo, per quanto tutto possa andare in questa direzione. In questo centro entriamo solo, quando ci interroghiamo sulla vita dello spirito o sulle energie che in quanto generali comprendono [sia] immagini del mondo [ch]e disposizioni. Non è possibile renderci conto di queste energie in modo immediato, come per tutti quegli elementi, ma solamente come processi di movimento, come totalità, cui sottostà un’energia motrice. Questo intendiamo quando parliamo di Nichilismo, scetticismo, autoritarismo, libertà, romanticismo, antinomismo, del demonico, del rigoristico ecc. Dallo statico degli elementi siamo passati al dinamico delle energie, dall’immobile al mobile, dall’isolato al tutto, dall’apparenza al fondamentale, dal momentaneo al personale, totale.

 

Viene qui descritto il contenuto della seconda parte del libro. In seguito dopo la descrizione delle componenti delle visioni del mondo (disposizioni e immagini del mondo) si ricerca l’energia che muove tutto.

 

Ma in tutti e tre i capitoli ci muoviamo in distinzioni artificiali, rendiamo le cose – viste nel caso specifico – troppo semplici o troppo complesse. Ci chiederemo istintivamente: come può tutto ciò essere messo in relazione? La risposta possono darla solo ricerche di casi biografici o storici.[10]

[…]

Sia ora definito dunque il senso del tutto: vengono fatte rigide distinzioni, per vedere il tutto chiaro e semplice mediato attraverso le distinzioni. Ogni distinzione, ogni definizione di significato, ogni costruzione di tipi non è “quella” giusta, ma quella relativamente giusta in relazione al tutto. Le parole usate per definire le visioni del mondo e gli elementi delle visioni del mondo sono infinitamente ambigue nella lingua comune, qui vale il tentativo di usarle in modo più univoco, stretto, definito, nel senso che è inteso qui, ma che ovviamente in un altro contesto può essere diverso. Se le parole hanno un senso specifico nella lingua, si farà bene ad attenersi a questo e ad evitare in ogni caso un nuovo senso della parola.

[…]

Inevitabilmente ci troviamo con ogni schema, ogni ordine sistematico nell’illusione dell’attimo di avere raggiunto una completezza. Se questa convinzione si consolida, la nostra ricerca cessa, veniamo derubati della nostra vita specifica in quanto osservatori.[11]

 

Finisce qui l’introduzione. Seguirà il primo capitolo: “Le disposizioni”.

 

 



[1] Cfr. Jaspers 1990, p. 27.

[2] Cfr. Jaspers 1990, p. 28.

[3] Cfr. Jaspers 1990, p. 29.

[4] Cfr. Jaspers 1990, p. 30.

[5] Abbiamo qui i due termini unendlich e endlos. Entrambi portano in sé la radice end (fine) in modo negativo. Unendlich, che non finisce, che non ha fine, limite, endlos, che non finisce, nel senso che ripete sempre uguale la stessa cosa. Unendlich nasconde un mistero insondabile, endlos ripete sempre la stessa cosa e non nasconde niente. Traduco rispettivamente con infinito e senza fine.

[6] Cfr. Jaspers 1990, p. 31.

[7] Cfr. Jaspers 1990, p. 31.

[8] I termini tedeschi di questi due importanti concetti di disposizione ed immagine del mondo sono: Einstellung e Weltbild.

[9] Cfr. Jaspers 1990, p. 42.

[10] Cfr. Jaspers 1990, p. 43.

[11] Cfr. Jaspers 1990, p. 47.

 


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